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Il grasso? È questione di gusto

Come dice Silvio Barbero, Vice Presidente di Slow Food (leggi l’intervista) alla base delle nostre più o meno ‘buone’ scelte alimentari, c’è la capacità di gustare i cibi. Lo conferma uno studio del New York Obesity Research Center secondo il quale la concentrazione di acidi grassi in un alimento può essere valutata dai recettori posti […]

Come dice Silvio Barbero, Vice Presidente di Slow Food (leggi l’intervista) alla base delle nostre più o meno ‘buone’ scelte alimentari, c’è la capacità di gustare i cibi. Lo conferma uno studio del New York Obesity Research Center secondo il quale la concentrazione di acidi grassi in un alimento può essere valutata dai recettori posti sulla lingua e nel palato. Non tutti però abbiamo questa capacità. Tutti invece valutiamo i grassi dall’odore e dalla consistenza dell’alimento. Secondo lo studio le persone che non sono in grado di valutare con il gusto i grassi, vuoi per questa incapacità, vuoi per una concomitante differenza genetica, tendono a manifestare un maggior gradimento per alimenti ad alto contenuto di grassi. Viceversa chi è in grado di farlo trova più facile perdere peso o mantenere un peso adeguato. Per la precisione Kathrin Keller e i suoi colleghi hanno studiato 317 afroamericani adulti sani, identificando una variante nel gene CD36 e lo hanno correlato alla preferenza, riportata in un questionario, per alimenti con grassi aggiunti (burro, oli e sostanze spalmate). Sono state poi proposte al gruppo porzioni di insalata condite con salse aventi un contenuto di grasso variante fra il 5 e il 55% chiedendo loro quali salse risultavano troppo cremose e oleose.