Associazione fra attività DPP-4 plasmatica e decadimento cognitivo
A cura di Giuseppe Felace per il Gruppo AMD: Diabete nell’Anziano
27 ottobre 2016 (Gruppo ComunicAzione) –L’iperglicemia, l’infiammazione e lo stress ossidativo sono ritenuti implicati nella patogenesi del decadimento cognitivo. Di recente, anche la dipeptidil peptidasi 4 (DPP-4), un enzima considerato come una nuova adipochina, sembra essere in correlazione con tali fattori di rischio.
In uno studio condotto in Cina che ha coinvolto 1160 persone (età media 65 ± 4,3 anni) con diabete mellito tipo 2, Tianpeng Zheng (Guilin, Guangxi, China) e coll. hanno quindi provato a valutare se vi sia una correlazione fra l’attività plasmatica della DPP-4 e il deterioramento cognitivo lieve. A tale scopo, hanno misurato l’attività plasmatica della DPP-4, i marker infiammatori (interleuchina-6 [IL-6], proteina C-reattiva IL-6 [PCR]) e alcuni parametri di stress ossidativo (nitrotirosina, 8-iso-PGF2a) in pazienti adulti con diabete tipo 2 che erano stati sottoposti ad esami di routine tra il 2013 e il 2015. La diagnosi di decadimento cognitivo lieve veniva fatta sulla base dei criteri stabiliti dalla National Institute on Aging-Alzheimer’s Association.
Complessivamente, il 30,3% dei pazienti ha manifestato un decadimento cognitivo lieve. Quando i pazienti sono stati suddivisi in quartili di attività della DPP-4, tra coloro che si trovavano nel quartile superiore un paziente su due manifestava deterioramento cognitivo. Il rischio si manteneva elevato (OR = 4,38 quartile superiore vs. quartile inferiore) dopo aggiustamento per età, sesso, BMI, abitudine al fumo e alcool, attività fisica, livello culturale e finanziario, uso di statine e FANS, terapia antidiabetica, durata del diabete, presenza di malattia cardiovascolare, nefropatia, pressione sistolica e assetto lipidico. Inoltre, rispetto ai pazienti in cui l’attività della DPP-4 era più bassa, quelli caratterizzati da un’attività enzimatica più alta avevano, IL-6, PCR, nitrotirosina e 8-iso-PGF2a significativamente più elevate (p <0,05). Sorprendentemente, un ulteriore aggiustamento per i marker di infiammazione e stress ossidativo riduceva il rischio di incorrere in decadimento cognitivo (OR = 3,49), ma l’aggiustamento per emoglobina glicata non aveva influenza.
Da un punto di vista clinico, i meccanismi alla base di tali correlazioni, secondo le considerazioni degli Autori, potrebbero essere in parte spiegati con l’effetto della DPP-4 sull’infiammazione e lo stress ossidativo, ma non con quello sull’HbA1c. In conclusione, se un’attività elevata della DPP-4 è coinvolta nella patogenesi del decadimento cognitivo lieve nel diabete di tipo 2, usare i DPP-4 inibitori come farmaci in aggiunta o in alternativa alla metformina potrebbe rappresentare un’arma per contrastare il declino cognitivo nel paziente diabetico in età più avanzata.
Diabetes Care 2016;39:1594-601
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