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Comunicare è un atto di responsabilità

Siamo fortunati a vivere oggi, ma oggi abbiamo anche enormi responsabilità: siamo lì a decidere il destino dell’umanità, il destino dell’universo…

di Marco Comoglio


Cari Amici, è con grande emozione che vi invito a condividere il mio incontro con il cardinale Ersilio Tonini. Il personaggio, ormai ultra novantenne, è molto noto per le sue capacità di comunicatore. L’idea di intervistarlo mi è venuta alcuni mesi fa sentendolo parlare in televisione.

Dopo lunghi e ripetuti contatti con i suoi collaboratori sono riuscito ad ottenere un appuntamento. Ci siamo incontrati nella atmosfera suggestiva del Cottolengo, a Torino. Abbiamo chiacchierato piacevolmente per circa 45 minuti in un clima di estrema semplicità e cortesia.

L’uomo è presto detto: Ersilio Tonini nasce il 20 luglio 1914 a Centovera di Sangiorgio Piacentino, in provincia di Piacenza, terzo di cinque figli, da Cesare e Celestina Guarnieri, umili salariati agricoli. Nel 1925 entra nel Seminario di Piacenza, dove completa gli studi superiori, e nel ’37 viene ordinato sacerdote. Nel 1939 è a Roma, all’Università Lateranense, per rientrare a Piacenza nel ’43. Nel ’47 assume la direzione del settimanale diocesano “Il nuovo giornale”, nel ’53 è parroco di Salsomaggiore, dove fa costruire l’oratorio Don Bosco, e nel ’69 viene elevato alla dignità episcopale da Paolo VI. Vescovo dal 2 giugno di quell’anno, nel dicembre ’75 l’arcivescovo Tonini sale alla Cattedra di Sant’Apollinare: in risposta ai grandi mutamenti sociali, lascia il suo appartamento nello splendido palazzo arcivescovile a un nucleo di tossicodipendenti in cerca di salvezza. Si ritira nell’Istituto Santa Teresa, dove da allora vive a fianco dei malati più gravi. Intensa è la sua opera di apostolato e di presenza attiva nella società, occupandosi soprattutto dei più poveri e di chi i “diritti” non li può esercitare, in Italia e nel mondo. Nel 1991 anima, insieme con Enzo Biagi, la trasmissione televisiva “I dieci comandamenti”, che è a tutt’oggi un esempio di catechesi moderna che si avvale del mezzo e del linguaggio televisivo. Nel ’94 Giovanni Paolo II lo nomina cardinale e nel 2004 il Presidente della Repubblica Ciampi gli conferisce il Cavalierato di Gran Croce.

Più difficile è invece rendere in un articolo la ricchezza delle espressioni, il calore e l’entusiasmo della sua esposizione, delle sue idee, della sua fede. Ci ho provato.

Cardinale Tonini, lei è un grande comunicatore. A suo parere una migliore comunicazione e divulgazione scientifica faciliterebbe il rapporto tra la medicina e i cittadini? E questo miglioramento, come potremmo attuarlo?
Io direi: è fondamentale. È l’esigenza primaria. Ma non solo nel campo scientifico, semmai in tutti i settori. Noi oggi viviamo un’epoca tutta nuova e le informazioni che ci arrivano sono immense oltre misura. Relativamente alla scienza, essa oggi ha di fronte a sé possibilità immense, ma anche rischi altrettanto immensi. Ed è evidente che da una cattiva informazione scientifica potremmo avere disastri infiniti. Vogliamo arrivare subito all’aspetto più delicato? Pensiamo un po’ che cosa significa la genomica: entrare nel DNA umano. Ma come farlo senza incorrere in rischi immensi e spaventosi? D’altra parte, non conoscere significa anche non arrivare in tempo, significa precludersi la capacità di arrivare in modo sicuro. Ma dico di più: abbiamo una battaglia in corso, quella della biotecnologia. È chiaro che di fronte alla biotecnologia si ha una paura incredibile. Si va lenti, si teme che la tecnica domani ci offra cibi non sicuri. E allora io chiedo a me stesso: ma come mai si ha tanta paura, si è tanto prudenti nella produzione degli alimenti e invece c’è tanto ardimento quando si tratta di entrare all’interno della vita umana, nel DNA, nell’embrione? Paradossalmente, hanno introdotto il consenso informato…. Non solo tu medico, ma anche tu destinatario, tutti devono sapere, sempre nei limiti del possibile, che cosa sta accadendo perché anche tutti possano assumersi delle responsabilità. Tu non sei il padrone, tu sei al servizio.

È un discorso di responsabilità anche nei confronti del paziente…
Vero, tanto che prima di dare la libertà di produzione di tutta una serie di farmaci, c’è un controllo severo. Ci sono i famosi tre gradi, in modo che ci sia una certezza di laboratorio.

Il dibattito sulla manipolazione genetica, si diceva, è acceso. Ci è sembrato però che negli ultimi tempi la posizione della Chiesa sia leggermente cambiata nei confronti della manipolazione genetica. Qual è il suo parere in merito?
La parola manipolazione non la userei, perché manipolazione vuol già dire qualcosa di perverso. Tenderei piuttosto a parlare di intervento sul genoma umano, sul genere umano, di intervento sull’embrione, sul punto dove si decida la vita umana. La scienza oggi ci squaderna la vita umana nelle sue origini e nei suoi fenomeni. E ci porta via a conoscere i vari passaggi da una fase all’altra. Pensiamo ad esempio alla conoscenza dello sviluppo del feto. Cosa che una volta era ben lontano dalla nostra immaginazione. Oggi veniamo a sapere attraverso gli ultrasuoni che a 3 mesi il volto del bambino è già perfetto. Il Times tre mesi fa ha pubblicato in prima pagina la foto del volto di un bimbo di 3 mesi. Foto agli ultrasuoni. Ne è uscita una cosa splendida. Un volto già pieno. Le labbra già tracciate, così come l’incavo degli occhi, e le manine. È una nota a piè di pagina diceva: “feto lungo 6 centimetri, peso 20 grammi”. Magari, quando lo ha visto, qualcuno avrà pensato che forse bisognerebbe anticipare l’aborto. Perché quando non si conosceva nulla si poteva pensare che a 3 mesi si è dei piccoli mostriciattoli. Invece adesso ci si è accorti che si è un piccolo essere umano. In altre parole: con la conoscenza cresce anche la responsabilità. È chiaro che allora la Chiesa non abbia un giudizio proprio sulla situazione, ma che invece è la scienza che ci deve dare queste conoscenze.

Eppure la Chiesa nel dibattito entra, eccome…
A questo proposito c’è una precisazione da fare, e che non vedo mai emergere nei dibattiti. Cioè quando si sostiene che la fede insegna… ma la fede non insegna niente. Non è la fede che ci dice che un embrione è fatto così… La fede è fatta di quelle verità che Cristo ha rivelato, a quello a cui la nostra mente non arriva: il mistero della trinità, il verbo incarnato, l’eucarestia… ma che cosa sia l’embrione, non è mica la fede che ce lo dice. Non c’è una parte del vangelo, dell’Antico Testamento che parli dell’embrione. Perché è una conoscenza scientifica. Dio è intervenuto per dirci quello a cui non arriviamo a sufficienza con la nostra mente. Ci ha dato la mente con la nostra conoscenza. Per conoscere che cosa ci accade, la nostra mente è capace di farlo. Tanto è vero che la Bibbia dice che Dio ha fatto l’uomo intelligente con il comando di conoscere le cose. Quando si dice allora che la Fede è una cosa e la ragione è un’altra, di dice una grossa stupidaggine. Giovanni Sartori, in un articolo sul Corriere, contrapponeva le due cose. Questa è veramente una falsa interpretazione.

Ma tornando al punto…
Tornando al punto: il Verbo incarnato ci dice che il bene di Dio è questa creatura che si chiama “uomo”. E la Chiesa ha il compito e la responsabilità di difendere e di proteggere questa creatura chiamata uomo , che è lo scopo dell’universo. In questo momento però la ricerca scientifica è in grado di farci conoscere cose splendide, e la Chiesa ne prende atto. Ma è capace anche di penetrare e di intervenire. A questo punto la Chiesa dice: in base all’uso della nostra mente, in base a quello che ci dice la scienza, tenuta presente le verità della fede, ovvero che l’uomo è il bene di Dio, , dice quello che ha detto il Santo Padre nel marzo dell’84 quando parlando ai membri del pontificio accademico della Scienza e ad alcuni genetisti: “Si avvicina il tempo in cui sarà possibile penetrare nel DNA umano”. “Sarà possibile eliminare per sempre le malattie ereditarie, le più impietose”. E questa è una prospettiva splendida. Ma è chiaro che le autorità dovranno regolamentare il tutto.,. con la certezza che si possa entrare solo a fini terapeutici e non per cambiare le identità. La nostra generazione è quella che ha la massima responsabilità. Noi abbiamo questa generazione che deve decidere del bene di Dio, che è l’umanità. E potremmo anche rovinarglielo questo bene… Sarebbe una assurdità incredibile.

È evidente che con questo tipo di ricerche il rischio di degenerare c’è sempre…
Uno dei più grandi pensatori dell’oggi, Paul Ricard, dice: “il mondo politico deve rendersi conto che l’obiettivo della sua opera non sarà più soltanto la redistribuzione dei diritti umani, della giustizia, ma addirittura la salvezza della specie umana”. Ecco perché la Chiesa si occupa della scienza con maggiore rigore.

Sempre in linea con questo discorso, ci incuriosiva sentire il suo parere sugli OGM, che non sono rivolti all’aspetto umano ma che rappresentano pur sempre una modificazione di quello che è l’aspetto genetico delle piante. OGM che se utilizzati opportunamente potrebbero giovare ad una parte dell’umanità, ma che se usati male daranno ricchezza a poche multinazionali…
Questo timore che c’è verso gli OGM, per un certo verso mi fa piacere perché indica un forte senso della responsabilità, dall’altro mi fa porre degli interrogativi . Per il fatto stesso che sia opera della tecnica, sono visti con diffidenza. Peraltro, ritengo che oggi l’uomo abbia sufficienti conoscenze scientifiche per poterci garantire un giudizio sicuro. Chiaro che deve prevalere il senso della responsabilità, per cui nel dubbio è meglio fermarsi. Ma i mezzi di sperimentazione odierni sono tali e tanti per cui è possibile dare delle certezze. Per cui laddove c’è la certezza che il rischio è escluso, non si può parlare di artefatti, perché di questo passo allora dovremmo chiederci quanti dei nostri cibi sono artefatti…

E così si arriverebbe a fermare il progresso della scienza…
Per un certo verso sono contento che vi siano un gruppo contro e uno a favore, perché vuol dire che nel dibattito si troverà la via media, sempre però che gli interventi di uno e dell’altro siano fatti con retto fine. Perché se l’intervento degli scienziati a favore degli OGM è favorire gli interessi della società per cui lavora, e quell’altro invece sia ostile per principio, per il fatto solo che sa di tecnica, io dico che questo è assurdo. Il senso della responsabilità è necessario, però è necessario che la responsabilità non sia cieca. E neppure dominata né dal danaro di chi è favorevole né di chi si oppone. Perché anche l’opposizione potrebbe essere di parte. In definitiva, direi nella società umana è bene che ci siano sempre i pro e i contro purché ad un certo punto la ragione misuri le cose e sia in grado di dire “noi abbiamo sufficienti motivazioni per dire che questo è giusto”.

Le eterne domande dell’uomo sul perché si muore, perché si soffre, perché la malattia, le troviamo nei documenti del Pontificio Consiglio per la pastorale della salute. La medicina, con tutti i limiti che la contraddistinguono, cerca di trovare delle risposte basate sulle prove scientifiche documentate e riproducibili. Come possiamo conciliare la fede e la scienza, la fede e la ricerca?
Il discorso è semplice: è Dio che comanda l’uomo di prendersi cura dell’uomo. Laddove Dio proclama la grandezza dell’uomo, gli dà l’incarico di impadronirsi della terra per farla servire all’uomo. La prima pagina della Bibbia ha un’ispirazione immensa, è tutta un grande cantico, un’esaltazione, un giudizio monumentale. Tutta la terra è vista al servizio dell’uomo, tutto è al servizio dell’uomo. Noi siamo i destinatari dell’universo. Dio pensava a noi quando creava le costellazioni. Il messaggio cristiano ha portato la grande notizia che ogni uomo è figlio di Dio, che il più debole è più dritto del più forte. E questa è la vera giustizia. Il dolore, le malattie? La malattia è un logorarsi dell’uomo che segue l’uso stesso. Non dobbiamo considerarla come un castigo, guai se dovessimo pensarla così. Chi riceve la vita deve accettare il dono con tutti i suoi limiti. Il messaggio cristiano dice anche di più, ti dà un senso, ti dà la capacità di comprendere, di dare un significato alla sofferenza. La mia sofferenza può diventare un aiuto affinché altre creature abbiano il coraggio di usare meglio la loro vita. Ma alla fin fine la vita umana non è il termine finale…

Riallacciandosi a questo, medico e paziente, il cui rapporto ci troviamo a vivere tutti i giorni, sono due soggetti che dovrebbero avere delle rispettive autonomie e libertà. Libertà di valutazione, di comprensione, di azione, di accettazione della malattia e delle sue conseguenze… Però è difficile conciliare spesso queste due posizioni. Perché?
Perché tra il dover essere e l’essere ne passa di differenza. Bisogna proprio essere molto concreti nella conoscenza della realtà. Le faccio un esempio: attorno agli anni ‘20-21, quando facevo il chierichetto, chi si ammalava di polmonite dopo i 50 anni moriva. Oggi no. È evidente che siamo incarnati in un mondo reale, concreto che ci è di aiuto, talvolta di impedimento, sino a diventare fonte di sofferenza… Qualcuno dice che quando l’ambiente ci dà dolore e sofferenza ebbene sarebbe un castigo… Qualcosa del genere si è detto a proposito dello Tzunami di inizio anno. Che errore! Semmai, bisogna dire che gli uomini, proprio perché vivono nel mondo reale, a quello devono essere preparati. Il discorso si fa più vasto. E quando parliamo del mondo reale la responsabilità non è soltanto di Dio, è nostra. In altre parole il punto di partenza è proprio questo: come fa un uomo, gli uomini a non guardarsi attorno e a dire “cosa sta succedendo, come mai io mi nuovo, io penso, io scelgo…”.

Per concludere mi pare di capire che il suo è un messaggio di speranza assoluta…
Chiaro. Siamo strafortunati a vivere in questo secolo. Ma abbiamo anche enormi responsabilità: siamo lì a decidere il destino dell’umanità, il destino dell’universo…

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