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Congresso EASD 2015 – Highlights

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Le relazioni del 17 settembre 2015

Una bambina diabetica tipo 2 è stata svezzata dai farmaci dopo 6 mesi di cambiamento di dieta, esercizio fisico e trattamento con metformina

CongressoMedico – I medici hanno riferito che a una bambina di 3 anni mezzo patologicamente obesa è stato diagnosticato diabete tipo 2 dell’adulto ma con il trattamento e il cambiamento dello stile di vita la bambina era stata svezzata dai farmaci.

“Questo è probabilmente il più giovane caso segnalato di diabete pediatrico di tipo 2” ha detto all’EASD 2015 Michael Yafi, MD, dell’Health Science Center dell’Università del Texas (USA). “Il diabete tipo 2 si osserva nei bambini obesi, ma di solito non prima dei 9 anni di età o prossimi alla pubertà. Questa bambina era molto giovane ed era patologicamente obesa.

Nella sua presentazione, Yafi ha detto che dai risultati dello studio potrebbe essere possibile dire che poiché la bambina ha visto normalizzati la malattia e i livelli di glicemia, ciò potrebbe significare che le persone anziane cui il diabete è diagnosticato precocemente possono vedere il corso della loro malattia modificato se cambiano stile di vita.

E ha precisato: “Questa bambina ha risposto molto bene al trattamento. La sua mamma era consapevole della fisiopatologia del diabete tipo 2, cosicché ha attuato misure quali scelte alimentari migliori, il controllo delle porzioni e la attività fisica, che hanno avuto l’effetto di far regredire il diabete. Abbiamo iniziato terapia con la metformina in forma liquida e ciò ci ha aiutato a migliorare la sua resistenza all’insulina”.

Tiinamaija Tuomi, MD, PhD, dell’Helsinki University Hospital (Finlandia), moderatore della sessione, ha contestato la diagnosi di diabete tipo 2 dicendo: “Non è stato fatto nessun test genetico su questa bambina per valutare se il diabete non fosse di tipo 2 ma piuttosto una forma di diabete su base genetica. Penso che per essere certi, i test genetici dovrebbero essere effettuati. “

Yafi ha detto che nell’ambiente dove lavora, nel Texas meridionale, il diabete tipo 2 è endemico e la bambina ha risposto a trattamenti volti a correggerlo. Ha anche sostenuto che i test genetici sono un costo aggiuntivo e che non erano stati necessari in questo caso così come non lo sono in una popolazione senza altri apparenti fattori di rischio.

Yafi, pur presagendo un futuro prossimo con tanti bambini molto piccoli con diabete tipo 2, si è detto entusiasta del successo ottenuto: “I fattori più importanti nel diabete tipo 2 sono l’obesità e lo stile di vita. Pensiamo che questa ragazza abbia risposto bene perché la sua condizione è stata rilevata presto ed è stata trattata precocemente. Quando si inducono importanti i cambiamenti nello stile di vita, allora si ha un più alto tasso di successo”.

La bambina ispanica si è presentata presso la clinica di endocrinologia pediatrica con sintomi quali pollachiuria e sete, di per sé indicativi di diabete. “Tuttavia, la sua storia medica era insignificante” ha detto Yafi. “Era nata a termine con un peso di 3,2 kg. Anche se entrambi i genitori erano obesi, non c’era però storia di diabete”.

Una revisione della dieta della bambina ha rivelato abitudini alimentari famigliari scadenti, con assunzione incontrollata di calorie e grassi. All’esame fisico, il peso della bambina era di 35 kg e altezza e BMI erano oltre la media dei bambini della sua età. E’ stata sottoposta a test per escludere altre possibili cause della sua obesità e aumento ponderale, e gli esami di laboratorio hanno evidenziato una glicemia a digiuno di 230 mg/dl e un’HbA1c di 7,2%; è comunque risultata negativa per gli anticorpi indicatori diabete tipo 1. Yafi ha detto: “Sulla base dei sintomi e dei dati fisici di obesità e risultati di laboratorio è stata fatta la diagnosi di diabete tipo 2”.

La bambina ha assunto terapia con metformina liquida (500 mg al giorno) perché troppo giovane per assumere le pillole. E’ stata erogata educazione ai genitori su diabete e stile alimentare e il team medico ha chiesto alla famiglia di attuare un cambiamento dello stile di vita controllando le porzioni di cibo e l’apporto calorico totale, e aumentando l’attività fisica della bambina.

La bambina ha perso peso e ciò ha portato alla normalizzazione dei livelli di glicemia. La terapia con metformina è stato ridotta del 50% ogni mese e infine sospesa. Sei mesi dopo la diagnosi, la ragazza era al 75% del peso iniziale quando aveva iniziato il trattamento, aveva livelli normali di glucosio nel sangue, un’HbA1c di 5,3% e aveva smesso la terapia con metformina. La ragazza ha ora 5 anni e continua a stare bene, anche se è ancora considerata una paziente con diabete tipo 2.

Yafi ha ribadito: “L’inversione di diabete tipo 2 nei bambini è possibile mediante lo screening precoce dei soggetti obesi, la diagnosi precoce, la terapia del caso e la modifica dello stile di vita del bambino e della famiglia”.

“L’incidenza di diabete tipo 2 è aumentato drammaticamente in tutto il mondo nei bambini a causa dell’epidemia di obesità infantile” ha concluso Yafi. “I medici dovrebbero essere consapevoli della possibilità di rilevare diabete tipo 2 anche nei bambini molto piccoli obesi, anche se casi di diabete tipo 1 possono naturalmente verificarsi anche in bambini obesi. Anzi, in realtà il diabete tipo 1 è ancora molto più comune nei bambini piccoli rispetto al diabete tipo 2”.

Conflitto di interessi: i Dott Yafi e Tuomi non hanno riportato alcun potenziale conflitto di interessi.

Fonte: Yafi M et al. A toddler with type 2 diabetes. EASD 2015; abs 303


L’esposizione a pesticidi correlata allo sviluppo del diabete

CongressoMedico – Nuovi studi presentati all’EASD 2015, tra cui una metanalisi, sembrano dimostrare che esiste un legame tra l’esposizione ai pesticidi e il successivo sviluppo di diabete.

Fotini Kavvoura, MD, PhD, dell’Università di Oxford (UK), ha detto che dalla sua metanalisi di 13 studi sul diabete tipo 2 ha scoperto che le persone esposte ai pesticidi come il DDT hanno il 61% in più di probabilità di sviluppare il diabete tipo 2 [OR 1,61 (IC 95% 1,37-1,88), p <0,0001)].

E anche nei 22 documenti inclusi nella sua revisione della letteratura, che comprendeva diabete tipo 1 e tipo 2, il rischio di sviluppare diabete tipo 2 era significativamente più elevato del 58% circa (p <0,0001).

Kavvoura ha aggiunto: “I meccanismi fisiopatologici alla base di questa associazione devono essere ulteriormente valutati sperimentalmente. E le linee-guida sull’uso di pesticidi dovrebbero rispecchiare le attuali evidenze sul rischio di diabete”.

La revisione è stata commissionata dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare. Kavvoura ha detto che la ricerca ha incluso oltre 80.000 persone in studi che sono stati prodotti dal 2006 al maggio 2015, e ha compreso principalmente soggetti anziani – la popolazione tipica del diabete tipo 2 – e che avevano avuto esposizione a pesticidi.

“Quei pesticidi sono ora generalmente vietati in Europa e altrove” ha detto Kavvoura, “ma tendono a rimanere nel corpo, nel fegato, nel pancreas e nei muscoli”.

“Lo sviluppo del diabete è considerato come un’interazione tra fattori genetici e ambientali” ha spiegato. “Prove emergenti suggeriscono che i contaminanti ambientali, compresi i pesticidi, possono svolgere un ruolo importante nella patogenesi del diabete”.

In un altro studio, i ricercatori hanno suggerito che l’esposizione ai pesticidi durante la gravidanza può essere associato a un aumentato rischio di diabete gestazionale.

Leda Chatzi,MD, PhD, dell’Università di Creta a Heraklion (Grecia), e colleghi hanno riferito che le donne esposte ai pesticidi sembrano avere un rischio aumentato di 4 volte di contrarre diabete gestazionale.

“Questi risultati suggeriscono che le donne che all’inizio della gravidanza avevano alti livelli di bifenili policlorurati (PCB), avevano un più alto rischio di diabete gestazionale. Sono necessari ulteriori studi per replicare questi risultati e valutare i potenziali meccanismi biologici alla base delle associazioni osservate. Nei paesi di tutto il mondo si è evidenziata una crescente prevalenza di diabete gestazionale: un dato importante dal punto di vista della salute pubblica così come lo è la conoscenza dei fattori di rischio ambientali che potrebbe contribuire a invertire questa tendenza”.

“La nostra ricerca prospettica in questa coorte ha esaminato se l’esposizione prenatale ai pesticidi è associata ad alterazioni del metabolismo del glucosio e lo sviluppo del diabete nella prole nella prima infanzia” ha detto Chatzi.

Chatzi ha sottolineato che la ricerca suggerisce che un’esposizione superiore di 10 volte agli inquinanti organici nei primi mesi di gravidanza è associato a un aumentato rischio di 4,4 volte per una donna incinta di sviluppare diabete gestazionale.

Gli inquinanti organici persistenti sono un gruppo di sostanze diverse, tra cui i PCB e i pesticidi organoclorurati che sono resistenti alla biodegradazione e presente quasi ovunque nell’ambiente. I ricercatori hanno segnalato: “L’esposizione a interferenti endocrini, come gli inquinanti organici persistenti, è stata collegata al diabete e a disturbi metabolici in studi epidemiologici e su animali”.

I ricercatori hanno esaminato la Rhea Pregnancy Cohort di Creta, che ha preso in esame un campione prospettico della popolazione di donne incinte e i loro figli. Le residenti di sesso femminile che sono rimaste incinte durante un periodo di un anno a partire dal febbraio 2007, sono state contattate e invitate a partecipare allo studio. Il contatto è avvenuto al momento della prima ecografia e successivamente ci sono stati altri diversi contatti.

I ricercatori hanno identificato 68 donne che hanno sviluppato diabete gestazionale e calcolato che le donne con maggiore esposizione ai pesticidi hanno avuto un più alto rischio di diabete gestazionale.

Nel commentare i risultati, Bo Ahrén, MD, dell’Università di Lund (Svezia), ha detto: “Ci sono un certo numero di possibili meccanismi biologici che potrebbero essere in gioco in queste osservazioni. I pesticidi possono essere tossici per le cellule T che sono importanti nel controllo glicemico”. Ha suggerito che i pesticidi potrebbero avere un impatto sulla resistenza all’insulina, ipotesi che ha comunque necessità di essere testata.

Conflitto di interessi: i Dott. Ntritsos e Chatzi non hanno riportato alcun potenziale conflitto di interessi. Il Prof. Ahrén ha dichiarato relazioni con AstraZeneca, Boehringer Ingelheim, Bristol-Myers Squibb, GSK, Lilly, Merck, Novartis, Novo Nordisk, Sanofi eTakeda.

Fonti:
Ntritsos G et al. Association between diabetes and exposure to pesticides: a systematic review and meta-analysis. EASD 2015; abs 310
Chatzi L et al. Exposure to persistent organic pollutants in early pregnancy and risk of gestational diabetes mellitus. EASD 2015; abs 318


Empagliflozin: primo farmaco per il diabete tipo 2 che mostra benefici cardiovascolari

CongressoMedico – Empagliflozin, un SGLT2 è il primo farmaco per diabete tipo 2 a dimostrare un beneficio cardiovascolare significativo in uno studio di sicurezza.

All’EASD 2015, Bernard Zinman, MD, del Lunenfeld-Tanenbaum Research Institute di Toronto (Canada), co-autore dello studio presentato, ha riferito che l’outcome primario composito di morte per cause cardiovascolari, infarto miocardico non fatale o ictus non fatale è stato raggiunto dal 10,5% dei pazienti trattati con empagliflozin contro il 12,1% dei pazienti nel gruppo placebo (hazard ratio 0,86, 95,02% 0,74-0,99; p = 0,04). Complessivamente, lo studio ha valutato oltre 7000 pazienti.

Il vantaggio è stato dovuto a una significativa riduzione della mortalità cardiovascolare, della mortalità generale e dei ricoveri per scompenso cardiaco, e non c’erano differenze tra il gruppo trattato con SGLT2 e il gruppo di controllo in termini di tassi di infarto miocardico o ictus nel corso dei 3 anni dello studio.

Zinman detto che trattando 39 pazienti con empagliflozin per 3 anni si impedirebbe una morte cardiovascolare: “E questa è una buona cosa”.

Nel gruppo di trattamento, il tasso di morte cardiovascolare è stato del 3,7 vs. il 5,9% dei controlli, pari a una riduzione del rischio relativo del 38%. L’ospedalizzazione per insufficienza cardiaca è stata del 2,7 vs. 4,1% per una riduzione relativa del rischio del 35%, e la morte per qualsiasi causa è stata del 5,7 vs. 8,3%, pari a una riduzione del rischio relativo del 32%. I risultati sono stati pubblicati contemporaneamente sul New England Journal of Medicine.

Definendo i risultati emozionanti, Zinman ha detto: “Abbiamo chiaramente incontrato i criteri di sicurezza di non inferiorità”.

Un outcome composito secondario comprendeva l’endpoint primario, oltre a ospedalizzazione per angina instabile. Non vi era alcuna differenza significativa tra i due gruppi (p = 0,08). I soggetti del gruppo di trattamento hanno avuto un aumento del rischio di infezione genitale, ma non c’era nessun aumento del rischio di altri eventi avversi.

Questo trial randomizzato sull’empagliflozin risponde a un requisito post-marketing richiesto da parte della Food and Drug Adiministration per garantire su eventuali rischi di eventi cardiovascolari, e segue la scia degli altri studi simili ma con una differenza importante: questa volta c’è stata una chiaro beneficio cardiovascolare.

All’inizio di quest’anno è stato riferito che lixisenatide e saxagliptin non aumentavano né diminuivano il rischio cardiovascolare. EMPA-REG, trial dedicato all’empagliflozin, è il primo studio a dimostrare la superiorità cardiovascolare, anche se è possibile che con un tempo abbastanza lungo follow-up altri farmaci mostrino un modesto beneficio.

Alla domanda su possibili cambiamenti delle linee-guida, Zinman ha detto di “sperare che le società scientifiche valutino il farmaco e utilizzino le prove per redigere aggiornamenti alle linee-guida”.

Filip Knop, MD, PhD, dell’Università di Copenaghen (Danimarca), ha detto che talvolta è frustrante dover dire ai pazienti, quando è stato loro diagnosticato il diabete, che hanno una condizione che aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, ma che in realtà non ci sono farmaci che possono davvero aiutare a ridurre questo rischio.

I pazienti sono stati trattati a empagliflozin 10 o 25 mg (n = 4687) o a placebo (n = 2333). L’endpoint primario è stato calcolato mettendo insieme i due gruppi con le diverse dosi del farmaco. I pazienti eleggibili per lo studio erano adulti di >18 anni con diabete tipo 2 e malattie cardiovascolari e lo studio è stato condotto in 590 siti in 42 paesi. Il trial è stato progettato per continuare fino a quando l’evento primario si è verificato in almeno 691 pazienti.

I pazienti non hanno ricevuto alcun ipoglicemizzante per almeno 12 settimane prima della randomizzazione e avevano un livello di emoglobina glicata pari almeno al 7,0% ma non superiore al 10,0% o sono stati mantenuti in un range tra 7,0 e 10,0% con l’impiego di altri farmaci.

Tutti, tranne 8 (3%), pazienti sono stati inclusi nell’analisi primaria, ma quasi un quarto dei pazienti del gruppo empagliflozin ha sospeso il farmaco anticipatamente. La durata mediana di osservazione è stato di 3,1 anni e la durata mediana del trattamento è stata di 2,6 anni.

Gli hazard ratio per gli esiti primari erano 0,85 (IC 95% 0,72-1,01; p = 0,07) nel gruppo a 10 mg e 0,86 (IC 95% 0,73-1,02; p = 0,09) per il gruppo a 25 mg.

Gli autori hanno ribadito: “Nella pratica clinica, la scelta della dose di empagliflozin probabilmente dipenderà principalmente dal raggiungimento di obiettivi metabolici e dal verificarsi di eventi avversi, dal momento che i benefici cardiovascolari non sembrano differire in modo significativo tra i gruppi”.

Durante la sessione, i ricercatori hanno ipotizzato che il beneficio cardiovascolare era probabilmente un effetto di classe, e hanno aggiunto che gli effetti cardioprotettivi richiedono ulteriori studi chiarificatori.

Per le 12 settimane durante le quali i medici hanno chiesto ai pazienti di non cambiare terapia ipoglicemizzante la differenza media aggiustata del livello di glicata tra i pazienti trattati con empagliflozin e pazienti trattati con placebo è stata di 0,54 punti percentuali per il gruppo 10 mg (IC 95% da -0,58 a -0,49) e di 0,60 punti percentuali per il gruppo di 25 mg (IC 95% da -0,64 a -0,55).

Gli autori hanno segnalato: “Nel corso dello studio, empagliflozin, rispetto al placebo, è stato associato con piccole riduzioni ponderali, della circonferenza vita, deli livelli di acido urico e di pressione sistolica e diastolica, senza aumento della frequenza cardiaca e piccoli aumenti sia di colesterolo LDL sia di HDL”.

Una percentuale maggiore di pazienti nel gruppo placebo ha ricevuto ulteriori farmaci ipoglicemizzanti, farmaci antipertensivi e anticoagulanti durante lo studio.

Il beneficio di empagliflozin si è verificato nelle prime fasi dello studio ed è continuato per tutta la sua durata.

Conflitto di interessi: gli autorihanno riportato relazioni con Boehringer Ingelheim (indipendentemente dallo studio presentato), Abbott, AstraZeneca, Eli Lilly, Gilead, Janssen, Merck, Novo Nordisk, Sanofi, Novartis e Takeda.

Fonte: Zinman, B. et al. Empagliflozin, Cardiovascular Outcomes, and Mortality in Type 2 Diabetes. N Engl J Med 2015; DOI:10.1056/NEJMoa1504720