Skip to content

Diabete No Grazie

Maratoneta per caso

Cinquanta persone sedentarie e sovrappeso, se non obese, hanno circa un anno di tempo per diventare maratoneti. Ce la faranno? Forse, ma sicuramente hanno scoperto l’amore per il movimento, ridotto peso e giro vita, migliorato tutti i valori metabolici.

Massimo Gottifredi, 44 anni, di Riccione, riesce a strappare qualche ora alla settimana a un lavoro di grande responsabilità per allenarsi con l’obiettivo di portare a termine, lui sedentario ed (ex) sovrappeso, una intera maratona. «Sono dimagrito e le mie analisi del sangue hanno valori che non vedevo da 15 anni» commenta, «ma, soprattutto, ho scoperto il piacere di muovermi».

Sembra una sfida impossibile o il format di uno strano ‘reality show’. Cinquanta persone sovrappeso, obese già con diabete a forte rischio di esserlo, tutte sedentarie hanno undici mesi per prepararsi a correre una maratona. Sì: dai 100–200 metri al giorno (giusto la distanza dalla porta di casa e dell’ufficio a quella dell’auto) fino a 42.195 metri consecutivi.

Questa la sfida di Io muovo la mia vita, organizzata dal professor Pierpaolo De Feo per conto di Diabete Italia con l’appoggio di numerosi sponsor e la consulenza scientifica del Marathon Center, una struttura che allena i campioni dell’atletica. L’allenamento è iniziato nel novembre 2006 in vista della Maratona di Milano dell’ottobre 2007.

Hanno partecipato al progetto diciotto Centri diabetologici universitari e/o ospedalieri distribuiti in modo omogeneo in tutta Italia. Ogni centro partecipa con tre persone: un medico, una persona con obesità viscerale e una che da poco tempo ha il diabete di tipo 2.
Massimo Gottifredi, 44 anni, sposato con due figli (4 e 8 anni), ha accettato con interesse la sfida. Gottifredi ha un ruolo di responsabilità: è presidente dell’Azienda di Promozione turistica della Regione Emilia Romagna.

Alla partenza Massimo, per quanto abbastanza alto e di corporatura solida, pesava quasi un quintale: «Dovevo fare qualcosa» commenta. «Medici a parte, ero soprattutto io a sentirmi in difficoltà. Il mio è un lavoro impegnativo, e poi ci sono i bambini che vogliono giocare con me e andare in spiaggia. A causa del peso lo facevo con fatica. Insomma rischiavo di perdermi il lato bello delle cose».

Scettico nei confronti delle autocure ‘improvvisate’ Gottifredi non amava nemmeno l’idea di una dieta mortificante. «Io muovo la mia vita è esattamente quello di cui avevo bisogno», racconta; «mi ha subito catturato l’idea di guarire senza medicine e di essere seguito in maniera sistematica e scientifica. Con monitoraggi costanti nel tempo, misurazioni concrete da parte di esperti e risultati reali da portare a casa». Massimo non ha avuto problemi nell’evitare crostacei, fegato e carni rosse; il suo piacere di stare a tavola non è compromesso.
A due mesi dall’inizio, Massimo aveva già perso sette chili, pur avendo ridotto al minimo gli allenamenti a causa di un’ernia al disco. Con la primavera ha iniziato a correre in spiaggia, per strada, negli spazi verdi vicino alla sua Riccione. Quattro volte alla settimana, anche nelle trasferte in giro per il mondo nelle fiere e convegni di promozione turistica. «Più corro, più sento l’esigenza di tornare a farlo. Se per caso sono costretto a rinunciare, riprendere è poi faticoso, quindi cerco di non sgarrare».

Massimo ha avuto mille problemi alle articolazioni, perfino qualche attacco di gotta; febbraio e marzo in particolare sono stati mesi duri. «Credevo di essere più sciolto, invece sono moto legato, come una porta arrugginita che va oliata e tirata piano piano». Ma la motivazione che rischiava forse di calare è ripresa in aprile. La combinazione ‘dieta + esercizio fisico’ ha dato infatti risultati ottimi. «Non immaginavo di avere risultati così rapidi! Il giro vita è calato da 112-113 a 102 centimetri. «Ho fatto le analisi e avevo dei valori che non vedevo da quindici anni», commenta. E soprattutto l’esercizio fisico è diventato un’esigenza. Ormai Massimo fa movimento, strappando il tempo ai suoi impegni, non solo per partecipare alla maratona di Milano e portarla a termine, ma soprattutto perché «mi sento a disagio se non mi muovo».