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Le persone che passano più tempo davanti alla televisione hanno un rischio di morte superiore. Il messaggio dello studio di Frank Hu della Harvard School of Public Health non si presta certo ad ambiguità. I legami tra TV e condizioni altamente rischiose come obesità e insulinoresistenza – i quali a loro volta, attraverso ipertensione, diabete […]

Le persone che passano più tempo davanti alla televisione hanno un rischio di morte superiore. Il messaggio dello studio di Frank Hu della Harvard School of Public Health non si presta certo ad ambiguità. I legami tra TV e condizioni altamente rischiose come obesità e insulinoresistenza – i quali a loro volta, attraverso ipertensione, diabete e squilibri nei grassi del sangue, determinano infarti ictus e, si sta scoprendo recentemente, tumori – sono diversi. Prima di tutto la sedentarietà, in secondo luogo l’esposizione a messaggi pubblicitari che propongono alimenti poco sani, si potrebbe aggiungere anche la tendenza a mangiare davanti alla televisione il che porta a scelte alimentari scorrette (gli insalubri ‘tv dinner’). “La combinazione di sedentarietà, obesità e dieta poco sana crea un ‘ambiente perfetto’ per lo sviluppo del diabete e delle malattie cardiovascolari” ha riassunto Hu. che ha rielaborato i dati di 8 Studi che hanno seguito 200 mila persone per 7/10 anni. Su questa base Hu, nello studio pubblicato sul Journal of the American Medical Association (June 15, 2011), ha potuto inferire che ogni 2 ore giornaliere medie di televisione il rischio di diabete aumenta del 20%, quello di infarti aumenta del 15% e il rischio di morte aumenta del 13%. Detto in positivo su una popolazione di 100 milioni di abitanti, riducendo di due ore l’esposizione media alla televisione (l’americano medio passa 5 ore ogni giorno davanti alla televisione), si potrebbero evitare ogni anno 176 mila nuovi casi di diabete, 38 mila infarti o ictus fatali e 104 mila morti premature.

Anders Grøntved, Frank B. Hu, “Television Viewing and Risk of Type 2 Diabetes, Cardiovascular Disease, and All-Cause Mortality: A Meta-analysis”, JAMA. 2011;305(23):2448-2455