Skip to content

Prevenzione e dintorni

Prevenzione & screening

Cibo e salute - I video

Diabete No Grazie

Fake news su cibo e salute

Prevenzione e dintorni

Dialoghi, interviste, spunti utili

News

Video Slow Food

Spunti dalla letteratura

Diabete.it

Incontri sul diabete

Dossier - Le normative per il diabete

EBM

Farmaci

Il cuore del problema

Interviste

Strumenti

Parola di Slow Food

Si può essere buongustai e al tempo stesso attenti alla propria salute? Secondo Silvio Barbero, segretario di Slow Food Italia, non solo si può, ma si deve.

Una strana ma fertile alleanza si è venuta a creare in pochi anni fra due Associazioni che sembrerebbero avere interessi diversi. Da una parte l’Associazione Medici Diabetologi, dall’altra Slow Food, un movimento nato in Piemonte che coinvolge 40.000 persone in Italia e più di 80.000 nel mondo, in 130 Paesi dei cinque continenti. Il fondatore di Slow Food, Carlo Petrini e un piccolo gruppo di collaboratori dagli anni Settanta a oggi ha sviluppato un’originale riflessione sul piacere della tavola. Il nome dice tutto: slow food, cibo ‘lento’ è una antitesi al fast-food: il cibo indifferenziato, nascosto. Il cibo ‘senza qualità’ comprato perché ‘comodo’ da consumare o da preparare. A questa cultura Slow Food oppone la conoscenza e la valorizzazione delle tradizioni alimentari, il consumo attento e consapevole.

Nel corso del tempo Slow Food ha esteso il suo interesse dall’apprezzamento e difesa della ‘buona cucina’, risalendo per così dire all’indietro e preoccupandosi della valorizzazione e difesa di certi alimenti e cibi e soprattutto delle comunità che li ha sviluppati. «1Una difesa della biodiversità effettuata attraverso la valorizzazione delle tradizioni», spiega Silvio Barbero, segretario nazionale. Slow Food oggi aiuta i coltivatori della lenticchia di Ustica, gli allevatori della mucca Chianina e le imprese artigianali che ancora preparano il capocollo alla maniera di Martina Franca. Nell’ambito delle iniziative Terra Madre, Slow Food fa conoscere ricette, varietà e metodi di lavorazione del cibo di tutto il mondo, dalle patate autoctone Maori in Nuova Zelanda all’‘haviar’ di cefalo turco (con un metodo di lavorazione che risale agli antichi Romani).

Che c’entra questo con la salute? C’entra. «Nel 2006 siamo stati inaspettatamente invitati al congresso regionale dell’Amd», ricorda Barbero, «e abbiamo portato un contributo di riflessione sul cibo, sull’alimentazione e gli stili alimentari sostenendo l’importanza di mantenere e valorizzare quel piacere del cibo che troppo spesso in passato veniva combattuto dai medici». Insomma alla tutela dell’ambiente e delle comunità che producono il cibo si è associata nella ‘filosofia di Slow Food’ la tutela dell’‘ambiente interno’ del metabolismo e della salute di chi lo consuma.
«Abbiamo scoperto, grazie ai Diabetologi», ricorda Barbero, «che la lotta alla globalizzazione forzata e la valorizzazione delle colture alimentari di tutto il mondo che portiamo avanti con le iniziative Terra Madre ha un preciso correlato nella salute. L’epidemia di obesità e diabete, oggi, colpisce soprattutto quelle popolazioni che hanno abbandonato i loro stili alimentari e hanno abbracciato frettolosamente quelli ‘internazionali’».

Amd e Slow Food hanno firmato un accordo di collaborazione ampio che prevede alcuni impegni precisi ma, più in generale, uno scambio di informazioni: «Le due associazioni si sono impegnate a sviluppare ciascuna le idee dell’altra», spiega Barbero.

Concretamente la collaborazione fra Amd e Slow Food prenderà una prima veste nell’ambito del piano nazionale Guadagnare in salute voluto dal Ministero della Salute e portato avanti attraverso una serie di partnership fra le quali appunto quella con Slow Food. Diabetologi Amd saranno chiamati come esperti nei corsi per gli insegnanti delle scuole che accetteranno di sviluppare un proprio orto (il progetto ‘orto in condotta’) e di tenere corsi di introduzione alla sensorialità. Più in generale Amd fornirà una sorta di ‘direzione scientifica’ ad alcune iniziative di Slow Food.

Silvio Barbero non nasconde che questa alleanza con i ‘camici bianchi’ ha suscitato perplessità nei ranghi della organizzazione, «ci sono sempre delle resistenze che derivano da pregiudizi o dalle immagini vecchie e sfocate che uno ha dell’altro», racconta il segretario nazionale di Slow Food, «non tutti si sono resi conto che oggi la Medicina non pensa più solo alla cura ma anche alla prevenzione, non propone più solo stili di vita punitivi ma si rende conto che il piacere di mangiare deve essere mantenuto e perseguito. Viceversa immagino che qualche severo diabetologo abbia alzato il sopracciglio all’idea di un alleanza con quello che ancora molti vedono come un ‘club di ghiottoni’», continua Barbero, «credo che il dialogo e i suoi risultati permetteranno di superare queste resistenze che si manifestano ovunque si crei un cambiamento. Noi ci impegniamo a una battaglia interna per portare tutti i nostri soci ad acquisire una certa consapevolezza».

A dire il vero Slow Food è arrivata a questa alleanza forte di alcune esperienze in campo medico: «Da alcuni anni lavoriamo sulla ristorazione ospedaliera e siamo riusciti a condividere l’idea che una diversa alimentazione in corsia ha un valore anche curativo», conclude Barbero che propone uno slogan per riassumere il senso della collaborazione: trovare piacere nel cibo non è dannoso alla salute. È vero il contrario: fa male il cibo che non da piacere.