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Prescrivere l’esercizio fisico

Il medico di Medicina generale, protagonista nella prevenzione e nella gestione della sindrome metabolica, è in una posizione ideale per motivare il suo cliente a fare esercizio fisico. Ma per ottenere risultati, spiega il responsabile dell’area Medico Sportiva della Simg, deve imparare a prescrivere lo sport come un farmaco definendo obiettivi, carichi di lavoro e ‘posologie’.

“Sono andato dal Medico”. “Ah, e cosa ti ha detto?”. “Ma niente, che devo fare esercizio fisico… insomma nulla”. Alzi la mano chi non ha sentito una conversazione di questo tipo nella sua vita. Nonostante aumentino le evidenze scientifiche sul ruolo che l’esercizio fisico – a qualsiasi livello purché continuativo – svolge nella prevenzione e nella cura del diabete, dell’ipertensione, delle dislipidemie, delle malattie osteoarticolari e perfino di alcuni tumori, «il medico non riesce a essere incisivo quanto vorrebbe nel momento in cui prescrive questo ‘farmaco’, invece di altri», afferma Luigi Gatta, «paghiamo probabilmente il prezzo di un eccesso di medicalizzazione negli scorsi decenni quando, disponendo di farmaci efficaci abbiamo lasciato un po’ da parte gli stili di vita».

Luigi Gatta è un nome noto agli appassionati di diversi sport (è stato il medico sportivo della Nazionale di Pallavolo ai mitici tempi di Velasco) titolare di un centro di medicina dello Sport a Bracciano e anche Medico di medicina generale, anzi è presidente dell’Area Clinica di Medicina dello Sport della Società Italiana di medicina Generale.

«Non riusciamo ad aiutare il paziente a cogliere tutte le occasioni di salute che potrebbero essere raggiunte abbandonando la sedentarietà», spiega Gatta che si rende conto dell’istintiva resistenza del paziente a cambiare le proprie abitudini ma correttamente preferisce mettere l’accento su quello che potrebbe essere migliorato da parte dei Medici seguendo una riflessione, già da tempo avviata per esempio in diabetologia, sia sul fronte ‘tecnico’ sia su quello più generale del colloquio motivazionale.

«Una cosa è sicura: il medico di Medicina generale si trova in una posizione privilegiata per prescrivere l’esercizio fisico: perché ha una visione olistica del paziente, perché conosce il territorio e le possibilità concrete che offre, dalla bella passeggiata all’impianto sportivo, perché ha occasione di verificare e rinforzare la motivazione del paziente nei suoi più frequenti incontri», nota Luigi Gatta, che collabora strettamente con Aniad, Amd, Sid e le altre società scientifiche impegnate soprattutto nell’ambito della sindrome metabolica e della traumatologia.

Gatta individua due soluzioni principali: la prima è «prescrivere l’esercizio fisico esattamente come se fosse un farmaco, con dosi e orari precisi», spiega Gatta. Sotto questo profilo c’è un gap formativo da colmare, «pochi di noi hanno gli strumenti per misurare esattamente quali carichi di lavoro devono essere applicati e quando», spiega Gatta. L’area Medicina dello Sport della Simg sta avviando al riguardo una serie di corsi che aiuteranno i medici di base interessati (e non sono affatto pochi assicura Gatta) ad impadronirsi di queste nozioni. «Io credo che quel paziente che prima alzando le spalle lamentava “Il medico non mi ha detto nulla, solo che devo fare sport” si vedrà riempire una ricetta di indicazioni puntuali e precise, con obiettivi scaglionati nel tempo prenderà molto più sul serio la cosa», afferma Gatta, «del resto esistono studi controllati che confermano come la compliance aumenti nettamente quando dal consiglio generico si passa alla prescrizione precisa dello sport».

Il secondo punto è meno intuitivo. Gatta ritiene che la certificazione per l’attività sportiva non agonistica debba essere estesa e, soprattutto, debba avvenire in modo diverso. «Al momento il medico, che non è necessariamente uno specialista e che quasi mai conosce il paziente ha solo l’obiettivo di verificare che non vi siano manifeste controindicazioni allo svolgimento dell’attività fisica», spiega Gatta; «se invece questi certificati, rilasciati dallo specialista o dal medico di Medicina generale, valutassero anche l’attività fisica che il paziente intende svolgere, si realizzerebbe un vero e proprio ‘profilo di utilizzazione’ adatto ad ogni caso, definendo degli obiettivi, e dandosi degli appuntamenti periodici di controllo. Non dimentichiamo che questi certificati sono spesso l’unico momento di contatto fra il medico di base e la sua clientela sotto i 60 anni».

A questo si aggiungono considerazioni più generali: a differenza dello specialista, il medico di Medicina generale, non solo conosce il territorio ma è spesso una figura eminente al suo interno, spesso ricopre cariche politiche o associative di grande rilievo. È, insomma, in grado di promuovere iniziative che possano rispondere all’esigenza concreta di esercizio fisico ‘curativo’ che lui stesso va a proporre.