Quei ruggenti anni 50
Intervista a Bruno Bruni
Bruno Bruni, già primario della Divisione di Diabetologia dell’Ospedale Maria Vittoria di Torino, fondatore dell’AID piemontese, poi diventata Associazione Karen Bruni, e dell’omonimo Museo del Diabete, una Fondazione che oltre a documenti inestimabili, contiene 3500 opere sul tema. Autore di libri e videofilms sulla storia del diabete e dell’associazionismo
Questo articolo andrà ‘online’, mi dicono, il 19 luglio 2004. Ricordo benissimo che proprio il 19 luglio del 1954, 50 anni fa, icon Salvatore Fiandaca e Giuseppe Albonico, insieme ad alcuni pazienti, affollavamo lo studio di un notaio torinese per firmare lo statuto della ‘nostra’ Associazione. Era una delle prime associazioni in Italia e aveva preso il nome e lo della prima e indimenticata ‘Associazione Italiana per la Difesa degli interessi dei Diabetici’ (AID), fondata a Roma nel 1949 da Silvestro Silvestri (il primo a iniettare insulina di fabbricazione artigianale a un diabetico in Italia) e dalla sua straordinaria moglie Margherita Silvestri Lapenna (suo, ‘Il giornale dei diabetici’ periodico mensile della AID).
L’associazionismo dei diabetici è una conseguenza della scoperta dell’insulina In fondo l’associazionismo dei diabetici è una conseguenza dell’insulina. Che ha permesso loro di vivere una vita ‘quasi’ normale e li stimolava a ridurre il piu possibile il peso di quel ‘quasi’. Negli anni 50 si diffuse ovunque la voglia di conoscersi, di parlarsi, di confrontarsi nelle esperienze. In tutti i Paesi sorsero con vero entusiasmo associazioni di diabetici. Naque nel 1950 la IDF (International Diabetes Federation) che comprendeva allora 18 associazioni nel mondo, tra le quali quella italiana, e che tenne il suo primo congresso nel 1952 a Leiden (c’ero anch’io con i Silvestri). Avevo la fortuna di avere una moglie danese – Karen – che, alla sua tragica morte nel 1975 diede il suo nome all’associazione. Ciò mi permisedi venire in contatto con la realtà diabetica forse più avanzata in Europa. Negli anni Sessanta e Settanta l’associazionismo italiano ebbe una fase di indebolimento. Dobbiamo alla figura e alla instancanbile azione di Roberto Lombardi, il miracolo di unire in una Federazione 84 associazioni grandi e piccole in Italia, la Fand, che diede a tutte credibilità politica.
Estraneità dai Centri di diabetologia Gli anni Ottanta furono un altro decennio storico. Si diffuse l’autocontrollo domiciliare della glicemia, seconda vera rivoluzione, dopo la scoperta dell’insulina. L’autocontrollo obbligò i diabetologi a mettere formalmente al centro della terapia l’educazione. Solo che l’educazione (formazione) era il cuore della proposta delle Associazioni (‘la scuola dei diabetici’ di Margherita Silvestri). Paradossalmente proprio perche era diventata una componente centrale della terapia, l’educazione doveva essere erogata all’interno della struttura. Le Associazioni persero quindi spesso il legame, già precario, con il Medico.
Come è la situazione oggi? Cosa è cambiato? Cosa è rimasto uguale? È cambiata, per molti aspetti, la realtà del sistema associativo, che ora, in Italia, pare entrato in crisi. Giustamente l’amico Quirico Carta proprio su queste pagine faceva notare come l’azione di un’associzione nei confronti di una ASL, anche se portata avanti da poche persone, purchè precisa, può avere grandi effetti a livello locale. Vediamo ora cosa non è cambiato. I diabetici hanno sempre bisogno di essere ascoltati (sostegno psicologico). Questo aspetto non è cambiato in 50 anni, e rimane in ciò attuale il ruolo delle associazioni. Attualmente pochi medici sono veramente preparati per ascoltare e per abbracciare interamente la filosofia dell’empowerment. Nella pratica, il vecchio atteggiamento prescrittivo rimane norma, vuoi per attitudine radicata, vuoi per la crescente burocratizzazione che ruba il tempo necessario.