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Diabete No Grazie

Raccomandazioni per mangiare meglio

L’ultima edizione delle Raccomandazioni ADI-AMD-SID sulla terapia nutrizionale della persona con diabete rappresentano una opportunità anche per chi vuole alimentarsi in modo più attento e consapevole, come spiega Giuseppe Marelli, il coordinatore del gruppo che ha redatto il documento.

Giuseppe Marelli
responsabile della SSD Diabetologia Endocrinologia e Nutrizione Clinica dell’Azienda Ospedaliera di Desio e Vimercate.

L’alimentazione è il centro sia per prevenzione sia per la gestione del diabete in ogni sua forma. Per questo riveste particolare importanza l’uscita, all’inizio del 2015 del documento La terapia medica nutrizionale del diabete mellito. Si tratta di un testo molto dettagliato (170 pagine) di Raccomandazioni in tema di nutrizione nel diabete mellito, elaborato dal Gruppo di studio intersocietario ADI-AMD-SID.
La redazione di questo documento, punto di riferimento per i medici che trattano persone con diabete è stata affidata a un gruppo di esperti nominati dalla Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica, dalla Associazione Medici Diabetologi e dalla Società Italiana di Diabetologia. Il lavoro è stato coordinato da Giuseppe Marelli, responsabile della SSD Diabetologia Endocrinologia e Nutrizione Clinica dell’Azienda Ospedaliera di Desio e Vimercate.

Cosa è cambiato rispetto alla edizione precedente delle Raccomandazioni?
L’edizione precedente era del 2004 una revisione era quindi necessaria, sia per accogliere l’evoluzione avvenuta in questi ultimi 10 anni nella ricerca scientifica, sia per affrontare nuovi temi come l’alimentazione della persona con diabete in ospedale, compresa la nutrizione artificiale e parenterale, i particolari fabbisogni nutrizionali nella persona anziana con diabete, sia la dieta della persona con diabete extracomunitaria, i rapporti tra nutrizione e attività fisica. Si è cercato inoltre chiarire alcune problematiche come ad esempio le diete a diverso contenuto di carboidrati e il ruolo delle proteine. Abbiamo anche cercato di dare risposta alle domande che nascono dall’evoluzione del mercato, pensiamo ai nutraceutici, i prodotti alimentari elaborati in modo da rispondere a esigenze sanitarie specifiche, e delle ‘diete’ più pubblicizzate, la dieta a zona per esempio.

Che indicazioni può trarne la persona o il medico interessato a prevenire il diabete?
Si tratta di un documento scritto da medici e per medici: si parla di terapie e quindi di persone già diagnosticate per diabete. Tuttavia è leggibile anche in una visione di prevenzione, del diabete, per tutte quelle persone che hanno un forte rischio genetico, o perché in forte sovrappeso o in presenza di un pre-diabete: i concetti non cambiano molto e il linguaggio usato è molto semplice. In particolare segnalerei i capitoli dove si parla di bilancio energetico, di peso corporeo e calcolo del fabbisogno calorico.

Esiste una ‘dieta per diabetici’?
No. In linea generale le raccomandazioni previste per una persona con diabete senza problemi specifici non di discostano molto da quella previste per le persone che hanno a cuore la propria salute. Il discorso è diverso se al diabete si affiancano comorbilità o complicanze. Ad esempio una persona con ipertensione dovrà ridurre ulteriormente l’apporto di sale, una seria nefropatia richiede più attenzione ancora una volta al sale e alle proteine. E così via.

I medici hanno perso da tempo il monopolio dell’informazione in campo dietetico. Circolano sulla stampa, sul web e in televisione informazioni e inviti ad adottare ad esempio diete povere di carboidrati e ricche di proteine per non prendere peso, o inviti a ridurre l’indice glicemico degli alimenti. Sono indicazioni corrette?
Queste indicazioni vanno raccolte con molta attenzione. Bisogna essere chiari su questo. Primo: una ‘dieta’ deve essere sostenibile sul lungo termine. Qualunque restrizione alimentare fa perdere peso sul breve termine. Ma in pochi mesi il peso perso ritorna. Secondo: l’alimentazione ideale deve comprendere tutti i principi nutrizionali: carboidrati, fibre, grassi e proteine in modo equilibrato. Un’alimentazione troppo povera di carboidrati: meno di 130 grammi al giorno, o di grassi o di proteine porta alla malnutrizione e a squilibri. Ciò detto, alcuni concetti che circolano possono essere validi. Fare attenzione all’indice glicemico degli alimenti ad esempio è una buona idea soprattutto in una logica di prevenzione del diabete. È un fatto che riso patate e zuccheri semplici stimolano un picco di produzione insulinica e questa insulina in circolo fa ingrassare. Bisognerebbe però aggiornare le tabelle sugli indici glicemici che sono vecchie e troppo discordanti.

Quali sono le quote ideali fra i ‘macronutrienti’?
Questa versione delle Raccomandazioni contiene delle novità, abbiamo cambiato la distribuzione di grassi e carboidrati. I carboidrati devono essere sempre presenti nella dieta e rappresentare dal 45 al 60% dell’introito energetico totale. Per quanto riguarda i grassi essi devono rappresentare al massimo il 35% dell’introito calorico giornaliero, con particolare riguardo alla quota dei grassi saturi (quelli “cattivi”) che deve essere inferiore al 10%. Per le proteine è raccomandato un introito tra gli 0,8 1 1,0 grammi per chilo di peso corporeo.

Cosa significa in concreto?
Per quanto riguarda i carboidrati ad esempio se una persona non in sovrappeso può assumere circa 2000 calorie al giorno., significa che ogni giorno potrà mangiare pane, pasta, riso, patate, legumi per un totale di 900-1200 calorie al giorno. Se non si esagera con le porzioni e ci si limita negli zuccheri semplici è un obiettivo raggiungibile senza sacrifici.

Come sono valutate le diete iperproteiche?
La famosa dieta a zona non chiede di abbandonare i carboidrati ma di limitarli al 40% dell’introito energetico. Visto che le nostre Raccomandazioni parlano del 45-60% non siamo poi tanto lontani. Il diavolo però sta nei dettagli. Quali proteine? Se quella quota di proteine è raggiunta mangiando salumi e carni rosse non va tanto bene. Se invece parliamo di proteine in gran parte vegetali, allora si. Stesso discorso per i grassi. Occorre ridurre drasticamente i grassi di origine animale (saturi) e sostituirli con quelli ottenuti da fonte vegetale o dal pesce (monoinsaturi, polinsaturi, omega 3 e omega 6).

Aumentano le intolleranze e le allergie. Questo espone al rischio di malnutrizione?
Sono davvero molte le persone che lamentano intolleranze per esempio ai latticini, o vere e proprie malattie come la celiachia. Per fortuna il mercato propone oggi una gamma ampia di alimenti senza lattosio e senza glutine. La filiera alimentare-distributiva ha sicuramente molte ‘colpe’ ma sa reagire all’evoluzione della domanda. Prendiamo gli alimenti integrali ad esempio. Ieri erano considerati di seconda scelta e seminascosti negli scaffali. Oggi prezzo, packaging e collocazione della pasta integrale ad esempio sono allo stesso livello della pasta raffinata. Si è anche trovato il modo di lavorare le farine integrali in modo da ridurre il colore scuro che allontanava parte dei clienti.

Più di metà della popolazione europea deve perdere peso. Ci sono risposte farmacologiche a questa domanda?
Premetto che il tema come tale non è stato affrontato nelle Raccomandazioni. Fino ad ora nulla di valido. Recentemente è stato approvato l’uso degli analoghi del Glp-1 che potrebbero dare un contributo. Ma vale in sede di prevenzione quello che vale in sede di terapia. Dell’obesità o del diabete: in mancanza di una modifica delle abitudini alimentari nessun farmaco e nessuna opzione chirurgica raggiunge l’obiettivo sul medio termine.

Si può dire che sta cambiando il modo di vedere il paziente obeso? C’è maggiore attenzione alle componenti strutturali del problema così come a quelle genetiche?
Si, forse ieri si tendeva a vedere l’obesità soprattutto come conseguenza di scelte individuali non appropriate. Insomma era ‘colpa’ del paziente. Oggi siano sempre più coscienti degli aspetti genetici e del contesto obesiogeno generale. Guardiamo alle porzioni, alle pubblicità, ai famosi panini di certe catene, i quali apportano 900-1000 calorie l’uno. Siamo più coscienti dell’effetto della deprivazione economica e culturale sulle scelte alimentari. E soprattutto alla riduzione della attività fisica richiesta. Cinquanta anni fa si assumevano 2000 calorie al giorno ma se ne spendevano mille per l’attività fisica: pensiamo alle mansioni lavorative o agli spostamenti a piedi. Le Raccomandazioni ADI-AMD-SID sono molto attente a considerare insieme il ‘dare’ e l”avere’ energetico raccomandando insieme una alimentazione moderata e un esercizio fisico appropriato.