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Diabete No Grazie

Strategie per promuovere l’attività motoria

Pierpaolo De Feo, docente universitario, endocrinologo e maratoneta spiega il documento di consenso elaborato dagli esperti rivolto soprattutto a decisori e amministratori per creare le condizioni ottimali per l'esercizio della attività fisica.

Pierpaolo De Feo
Docente di Endocrinologia e Direttore del Centro Universitario Ricerca Interdipartimentale sulla Attività Motoria presso l’Università di Perugia
Presidente dell’Italian Wellness Alliance

Cosa è questo documento? Sono delle Linee Guida?
Il documento Strategie per promuovere l’attività motoria (clicca qui per leggere il testo originale e qui per andare alla pagina che lo commenta nel nostro sito) non è esattamente una Linea Guida, quanto una ‘expert opinion’ definita nell’ambito della Prima conferenza sulla prevenzione della diabesità. Abbiamo cercato di raccogliere idee presso esperti che in settori diversi possono operare o operano per la promozione della attività motoria soprattutto al fine di prevenire obesità e diabete. Si tratta quindi di un documento che supera l’ambito strettamente medico. I medici infatti possono fare ben poco. Quando la persona si rivolge al medico perché ha il diabete o è obeso, la fase della prevenzione perlomeno primaria è già superata. Bisogna agire a monte e creare le pre-condizioni per lo svolgimento regolare della attività fisica. Questo documento si rivolge quindi ad amministratori e ai decisori politici che lo possono utilizzare come guida per incentivare e implementare uso l’esercizio fisico.

Come si fa, in concreto, a creare un contesto favorevole alla pratica della attività motoria?
Si tratta di creare condizioni che favoriscono l’adozione di un certo stile di vita. Queste condizioni sono sia materiali, sia immateriali. Si tratta di creare una cultura che in molti Paesi del Nord Europa si è affermata, che considera l’esercizio fisico una espressione insieme necessaria e nobile del corpo umano. Parlo dell’esercizio svolto in qualsiasi forma e a qualsiasi livello. In Italia invece valorizziamo lo sportivo professionista o magari il non professionista al top della forma ma non valorizziamo la persona anziana che cammina per 4 chilometri.

Da dove partire?
Il documento indica numerose direzioni: urbanistiche-ambientali, strutturali (palestre e piscine), psicologiche. La singola leva più potente io credo che sia la scuola. Uno studente italiano non fa nemmeno un’ora di educazione fisica alle elementari e finisce il suo ciclo di studi avendo alle spalle nemmeno mille ore di educazione fisica. In Germania o Francia sono almeno 3 mila.

Come superare le resistenze davanti alla prospettiva di intraprendere una regolare attività fisica?
A livello culturale facendogli capire che il movimento non è solo una strategia che darà risultati a lungo termine: è una espressione fondamentale dello stare in salute ed è assai piacevole. A livello medico aiutandolo a identificare il tipo di attività fisica a lui più adatto, definendo dei livelli di partenza e degli obiettivi da raggiungere con gradualità. Chi dopo un anno di sedentarietà decide di fare una corsa in salita o giocare a calcio per 45 minuti, quasi sicuramente si troverà col fiatone o con dolori osteo-articolari.

E penserà… “lo sport non è fatto per me!”
E invece non vi è condizione alla quale non possa essere associata una qualche forma di esercizio fisico e che non possa prevedere gradatamente un aumento della durata o della intensità. Il terzo elemento che consiglierei è appunto qualche forma di feedback. E’ provato che un semplice contapassi o uno strumento che misura l’intensità dello sforzo messo in atto e il battito cardiaco permette alla persona, soprattutto quella che effettua attività fisica in modo individuale, di misurarsi con se stessa e di toccare con mano il suo continuo miglioramento spingendola a porsi obiettivi via via più sfidanti. Comunque l’adesione a lungo termine si matura solo sperimentando il beneficio psichico che ti dà l’attività fisica.

Quali sono i livelli minimi efficaci di attività fisica?
Come ho detto la ‘performance’ dipende dalla situazione della persona, ma la frequenza deve essere almeno trisettimanale e l’intensità vicina al massimo compatibile.

Si può fare tutto questo da soli?
Direi che è difficile. Occorre l’appoggio dei medici di base e magari la consulenza di laureati in scienze motorie. La situazione ideale è quella in cui la persona che intende intraprendere un esercizio fisico trova un contesto motivante nella comunità. L’intervento basato sulla comunità con la convergenza del Volontariato e dell’Amministrazione è la situazione ideale: si tratti di organizzare un Gruppo di cammino per persone anziane o di mezza età, o un Pedibus per accompagnare a scuola a piedi i bambini delle elementari. In Umbria è in corso un progetto europeo Eurobis (guarda sul sito Epode: http://www.epode-international-network.com/programmes/epode-umbria-region-obesity-intervention-study) che coinvolge 55 mila bambini dai 4 ai 12 anni e intende ridurre drasticamente in 4 anni la prevalenza della obesità in età pediatrica. E proprio perché coinvolge sul territorio amministratori e terzo settore, ha le carte giuste per raggiungere questo obiettivo.