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Sulla lavagna cibi buoni e cibi cattivi. Dipende dal criterio che si usa

Chi vuole sapere di più sul rapporto fra alimentazione e salute ha accesso a molte informazioni troppo spesso contrastanti e confondenti. Come orientarsi? Consultando uno specialista in materia, specie se medico realmente qualificato o orientandosi con un po’ di buon senso. Ne parliamo con Lucio Lucchin

Otto italiani su dieci, dicono le statistiche, cercano informazioni relative al rapporto fra alimentazione e salute. «È passata l’idea che il nostro benessere dipende in parte importante da come ci alimentiamo», afferma Lucio Lucchin, docente di Scienza dell’Alimentazione alla università di Padova, «e questo è positivo. Sempre più notizie, però, sono abilmente mascherate sotto il crisma della ‘scientificità’».

Scriveva Umberto Eco che l’espressione “giornalismo scientifico” è un ossimoro, una contraddizione in termini in quanto il giornalismo privilegia l’eccezione e la novità assoluta mentre la scienza ricerca le regole, le costanti e prosegue con incrementi graduali. Questo spiega la difficoltà oggettiva con la quale uno studio scientifico si traduce in un comunicato stampa riassunto poi in modo parziale da un articolo e titolato in modo ancora più sviante.

C’è questo e ci può essere anche a volte la scarsa buona fede con la quale certe notizie sono presentate da portatori di interessi. «Poniamo pure che tutte le informazioni a disposizione siano vere e correttamente riportate», continua Lucio Lucchin che dirige il Servizio di Dietetica e Nutrizione Clinica dell’Azienda Sanitaria di Bolzano (è stato anche presidente dell’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica oltre che componente di numerosi tavoli tecnici ministeriali), «manca comunque nel caos delle informazioni, l’ordine di importanza, la priorità delle singole istanze: il cibo deve essere buono, deve essere lavorato nel modo più naturale possibile, deve essere coltivato senza sprechi e magari senza sostanze chimiche, i semi devono essere di un tipo e non dell’altro, chi lo coltiva e lavora deve essere retribuito e in regola, il trasporto degli alimenti non deve portare a una eccessiva emissione di CO2…, ecc., tutte istanze in sé meritevoli».

Ma è anche vero che a questo punto qualunque alimento può finire sulla ‘lavagna dei buoni’ o su quella ‘dei cattivi’ a seconda del criterio che si usa. Un articolo su questo sito riportava la notizia che sotto un certo profilo (produzione di CO2 per caloria apportata) l’alimento migliore è lo zucchero e il peggiore è l’insalata, mentre se guardiamo alle richieste di una dieta sana è certamente vero il contrario.

Priorità quindi, senza le quali risulta pressochè impossibile condividere strategie realmente efficaci per la nostra salute e per quella dell’ambiente, commenta il professor Lucchin promotore del Manifesto delle criticità in nutrizione clinica e preventiva in occasione di EXPO 2015. «I medici, però, di rado hanno la formazione necessaria, assente nel corso di studi, e gli specialisti ospedalieri sono pochi, con trend in diminuzione».

In mancanza di riferimenti ci può aiutare il buon senso. Lucchin fa un esempio: «Poniamo di arrivare su un pianeta nuovo o su un isola deserta lontana dalle nostre latitudini. Dobbiamo mangiare: Cosa faremo? Proviamo ad addentare quello che la natura ci offre per vedere se è commestibile e se ha un sapore accettabile o gradevole. La prima funzione del cibo è infatti quella di alimentarci e possibilmente nutrirci. Questo sembra ovvio ma non lo è. Da appartenenti alla razza umana ‘teniamo’ per la razza umana: gli animali e le piante sono per noi potenzialmente cibo».

Dal punto di vista della gallina o del maiale o delle fragole le cose possono apparire in modo diverso ma tant’è. Torniamo al nostro astronauta o naufrago. «Dopo aver identificato un possibile cibo lo si mette in bocca e si effettua una valutazione organolettica: ”è buono o no?” Se apprezzato è molto probabile ci si chieda “quanto posso mangiarne senza stare male? Ci sono in questo alimento sostanze che possono danneggiare la mia salute”. E per rispondere a questa priorità bisogna conoscere la composizione degli alimenti. Il che significa che tutte le informazioni relative da una parte alla composizione degli alimenti, dall’altra alla composizione di una dieta equilibrata rivestono un ordine di importanza alto».

Tutto il resto riveste un livello di importanza successivo, secondo la voluta provocazione del nutrizionista bolzanino, che ha scritto oltre 200 articoli scientifici e quattro volumi tra cui: Alla ricerca del giusto peso e La Dieta mediterranea fra mito e realtà.

«Mi spiego: la salama da sugo ferrarese è una ricetta antica e tradizionale, è prodotta probabilmente nel migliore dei modi da allevatori e artigiani correttamente retribuiti, è quasi a Km zero ed è un elemento della nostra cultura nord italiana. Ma se ne mangio un etto al giorno per un anno non mi fa un effetto poi così diverso dall’esecratissimo panino del fast food! Posso alimentarmi benissimo o malissimo vivendo di alimenti ‘biologici’ e teoricamente posso costruire una dieta sana ed equilibrata a base di verdure che vengono dall’Africa, carne argentina e soia ogm cinese se in possesso di precise informazioni circa la modalità di allevamento/produzione e di composizione bromatologica. Ovviamente più ci si allontana da casa più è difficile avere tali notizie».

Il buon senso ancora una volta interviene come bussola in queste apparenti contraddizioni «Posto che devo alimentarmi e non eccessivamente, posto che mi conviene una dieta equilibrata con il giusto apporto di carboidrati grassi proteine e fibre e micronutrienti, ho spazio per definire meglio la mia scelta privilegiando tutti gli altri aspetti», conclude Lucio Lucchin, «ed essere buongustaio, custode della tradizione culinaria, ecologista convinto come io peraltro sono. Ma senza invertire l’ordine delle priorità perché in questo caso al contrario di quel che ci hanno detto a scuola, la somma cambia eccome!».