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Dapagliflozin rallenta il declino della funzione renale in pazienti con malattia renale cronica con o senza diabete tipo 2

Punti chiave

Domanda: Che effetto ha il dapagliflozin sul declino della funzione renale in paziente con malattia renale cronica con o senza diabete tipo 2?

Risultato: In un’analisi prespecificata dello studio DAPA-CKD, che ha reclutato 4304 partecipanti con malattia renale cronica con o senza macroalbuminuria, di cui il 67% con diabete tipo 2, in un periodo di follow-up medio di 2,3 anni il declino della velocità di filtrazione glomerulare stimata è stato inferiore nel gruppo di pazienti che assunto dapagliflozin 10 mg in aggiunta alla terapia standard. Il vantaggio in termini di rallentamento della perdita di funzione renale tra i pazienti trattati con dapagliflozin rispetto al placebo è stato maggiore nei pazienti con diabete di tipo 2, HbA1c più elevata e rapporto albumina-creatinina urinaria più elevato.

Significato: Dapagliflozin rallenta il declino della funzione renale in pazienti con malattia renale cronica. Tale vantaggio è maggiormente rilevato nei pazienti a maggior rischio di malattia renale con diabete tipo 2, maggiore scompenso glicemico e maggiore proteinuria.


A cura di Lucia Briatore

8 novembre 2021 (Gruppo ComunicAzione) – È noto dallo studio DAPA-CKD che dapagliflozin riduce il rischio di insufficienza renale terminale nei pazienti con malattia renale cronica (CKD, chronic kidney disease) con e senza diabete tipo 2 (DT2). In un’analisi prespecificata i ricercatori di tale studio hanno valutato l’effetto di dapagliflozin sulla variazione della velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR, estimated glomerular filtration rate), ovvero la pendenza dell’eGFR. Lo studio DAPA-CKD è registrato con NCT03036150 e con quest’ultima analisi è stato completato.

DAPA-CKD era uno studio randomizzato controllato che ha arruolato partecipanti di età ≥18 anni, con o senza DT2, con un rapporto albumina-creatinina urinaria (UACR) di 200-5000 mg/g e un eGFR tra 25-75 ml/min × 1,73 m2. I partecipanti sono stati randomizzati (1:1) a dapagliflozin 10 mg per via orale una volta al giorno o placebo, in aggiunta alle cure standard. L’analisi prespecificata ha stimato la pendenza dell’eGFR utilizzando modelli a effetti misti con diverse pendenze dal basale alla settimana 2 (declino acuto dell’eGFR), dalla settimana 2 alla fine del trattamento (pendenza cronica dell’eGFR) e dal basale alla fine del trattamento (totale pendenza eGFR).

Tra il 2 febbraio 2017 e il 3 aprile 2020, sono stati reclutati 4304 partecipanti, di cui 2152 (50%) sono stati assegnati a dapagliflozin e 2152 (50%) a placebo. Al basale, l’età media era di 62 anni (DS 12), 1425 (33,1%) partecipanti erano donne, 2906 (67,5%) con DT2. Il follow-up medio durante il trattamento è stato di 2,3 anni (IQR 1,8-2,6). Dal basale alla fine del trattamento, dapagliflozin rispetto al placebo ha rallentato il declino dell’eGFR di 0,95 ml/min × 1,73 m2 all’anno (IC 95% da 0,63 a 1,27) nell’intera coorte. Tra il basale e la settimana 2, dapagliflozin rispetto al placebo ha determinato una diminuzione assoluta dell’eGFR di 2,61 ml/min × 1,73 m2 (da 2,16 a 3,06) in pazienti con DT2 e 2,01 ml/min × 1,73 m2 (da 1,36 a 2,66) in quelli senza. Tra la settimana 2 e la fine del trattamento, dapagliflozin rispetto al placebo ha ridotto il tasso medio di diminuzione dell’eGFR in misura maggiore nei pazienti con DT2 (differenza media nella pendenza dell’eGFR cronica 2,26 ml/min × 1,73 m2 all’anno [1,88 a 2,64]) rispetto a quelli senza diabete di tipo 2 (1,29 ml/min × 1,73 m2 all’anno [da 0,73 a 1,85]; pinteraction = 0,0049). Tra il basale e la fine del trattamento, l’effetto di dapagliflozin rispetto al placebo sulla diminuzione della pendenza dell’eGFR totale nei pazienti con DT2 è stato di 1,18 ml/min × 1,73 m2 all’anno (da 0,79 a 1,56), mentre nei pazienti senza DT2 era di 0,46 ml/min × 1,73 m2 all’anno (da -0,10 a 1,03; pinteraction = 0,040). La riduzione totale dell’eGFR era più ripida nei pazienti con valori basali di HbA1c e UACR più elevati; anche l’effetto di dapagliflozin sulla pendenza dell’eGFR è stato più pronunciato nei pazienti con valori basali di HbA1c e UACR più elevati.

Questi risultati confermano che un declino acuto dell’eGFR iniziando l’utilizzo di dapagliflozin è prevedibile ma non preoccupante in relazione al beneficio sul lungo termine. Tale beneficio è maggiormente evidente nella popolazione con maggiori fattori di rischio per malattia renale, quali i pazienti con DT2, maggiore scompenso glicemico con elevata HbA1c e UACR più elevato. Gli autori concludono che dapagliflozin ha rallentato significativamente il declino dell’eGFR a lungo termine nei pazienti con CKD rispetto al placebo. La differenza media nella pendenza dell’eGFR tra i pazienti trattati con dapagliflozin rispetto al placebo è stata maggiore nei pazienti con DT2, HbA1c più elevata e UACR più elevato.


Lancet Diabetes Endocrinol. 2021 Nov;9(11):743-54 

PubMed


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