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Effetti di semaglutide sulla steatoepatite non alcolica

Punti chiave

Domanda: Qual è il profilo di sicurezza ed efficacia di semaglutide, un agonista recettoriale del GLP-1 (GLP1-AR) a somministrazione settimanale sc, in pazienti con steatoepatite non alcolica (NASH), con o senza diabete mellito di tipo 2?

Risultati: In questo studio randomizzato e controllato con placebo, in doppio cieco, la terapia con semaglutide, alla dose di 0,1, 0,2 o 0,4 mg a settimana sc, si è dimostrata superiore al placebo in termini di risoluzione della NASH dal punto di vista istologico, senza, però, raggiungere una differenza significativa fra i gruppi in termini di miglioramento della fibrosi epatica.

Significato: La NASH è una patologia sempre più diffusa, che si associa a incremento di morbilità e mortalità sia per cancro sia per malattie cardiovascolari, ma le opzioni terapeutiche sono limitate. Questo studio sembra dimostrare l’efficacia della terapia con il GLP1-AR semaglutide, in pazienti con e senza diabete tipo 2, nella risoluzione della NASH, con un accettabile profilo di sicurezza.


A cura di Eugenio Alessi

30 novembre 2020 (Gruppo ComunicAzione) – La steatoepatite non alcolica (NASH, nonalcoholic steatohepatitis) è una forma severa di epatopatia steatosica non alcolica (NAFLD, nonalcoholic fatty liver disease), caratterizzata da steatosi, danno epatocitario e flogosi, che si può associare a fibrosi, cirrosi, aumentato rischio di epatocarcinoma, ma anche ad aumentato rischio di morbilità e mortalità cardiovascolare. Diabete tipo 2 e obesità condividono con la NASH l’insulino-resistenza quale elemento eziopatogenetico chiave. A oggi, non esistono terapie farmacologiche approvate per la cura della NASH e il management si basa essenzialmente sull’intervento sullo stile di vita (calo ponderale, attività fisica). Il pioglitazone e la vitamina E hanno mostrato risultati incoraggianti, così come alcuni farmaci ipoglicemizzanti appartenenti alla classe degli agonisti recettoriali del GLP-1 (GLP1-AR).

Obiettivo dello studio multicentrico randomizzato e controllato con placebo, in doppio cieco, condotto da P.N. Newsome (University Hospitals Birmingham NHS Foundation Trust, Birmingham, UK) e coll. e recentemente pubblicato sul New England Journal of Medicine è stato valutare efficacia e sicurezza di semaglutide, un GLP-1 AR a somministrazione sc settimanale che ha mostrato importanti effetti ipoglicemizzanti, metabolici e di riduzione del rischio cardiovascolare nel diabete tipo 2, in pazienti con NASH, con e senza diabete tipo 2.

A tal fine, sono stati reclutati 320 pazienti con NASH, di cui il 62% con diabete tipo 2 (HbA1c media 7,2%), randomizzati con rapporto 3:3:3:1:1:1 a ricevere semaglutide 0,1, 0,2 mg e 0,4 mg (con dose iniziale di 0,05 mg per 4 settimane e poi progressivamente incrementata) o placebo. La NASH è stata diagnosticata mediante biopsia epatica e un’ulteriore biopsia epatica è stata effettuata dopo 72 settimane di trattamento; lo stadio di fibrosi è stato valutato mediante lo score di Kleiner. Il 61% dei pazienti era donna, l’età media era 55 anni, il BMI medio 35,8 kg/m2. Il 28% dei pazienti aveva fibrosi epatica stadio F1, il 22% stadio F2 e il 49% stadio F3. L’endpoint primario era la risoluzione della NASH senza peggioramento della fibrosi. L’endpoint secondario di conferma era il miglioramento di almeno uno stadio di fibrosi (per i pazienti con stadio F2 e F3), senza peggioramento della NASH.

La percentuale dei pazienti in cui è stata raggiunta a 72 settimane la risoluzione della NASH senza peggioramento della fibrosi è stata del 40% nel gruppo 0,1 mg, del 36% nel gruppo 0,2 mg, del 59% nel gruppo 0,4 mg e del 17% nel gruppo placebo (p <0,001 semaglutide 0,4 mg vs. placebo). Un miglioramento di almeno uno stadio di fibrosi, senza peggioramento della NASH, si è verificato nel 43% dei pazienti nel gruppo 0,4 mg e nel 33% dei pazienti trattati con placebo (p = 0,48, non significativo). Il trattamento con semaglutide ha determinato una riduzione dose-dipendente degli enzimi epatici e del peso corporeo (-13% nel gruppo 0,4 mg e -1% nel gruppo placebo), così come dell’HbA1c nei pazienti con e senza diabete (-1,15% nei pazienti con diabete del gruppo 0,4 mg).

I più comuni eventi avversi sono stati disturbi gastrointestinali, ovvero nausea (42% nel gruppo 0,4 mg, 11% gruppo placebo), costipazione (22 vs. 12%), diminuzione dell’appetito (22 vs. 5%), vomito (15 vs. 2%) e dolore addominale (7 vs. 4%). La percentuale dei pazienti che ha interrotto il trattamento per eventi avversi è stata del 7% con tutte le dosi di semaglutide, del 5% con placebo. L’incidenza di eventi avversi epatici è stata simile in tutti i gruppi; l’incidenza di patologia della colecisti è stata maggiore nei pazienti trattati con semaglutide. Non è stato riportato alcun caso di pancreatite acuta.

Gli autori concludono che, sulla base dei risultati ottenuti, la terapia con semaglutide a dose elevata (0,4 mg a settimana) si è dimostrata superiore al placebo nel determinare risoluzione della NASH senza peggioramento della fibrosi in pazienti con e senza diabete tipo 2, con un profilo di tollerabilità simile a quanto osservato in precedenti trial su pazienti con diabete tipo 2 con gli effetti noti dei GLP-1 AR. La circostanza che la percentuale di pazienti che hanno ottenuto un miglioramento di almeno uno stadio di fibrosi non sia stata significativamente maggiore con semaglutide è un riscontro non atteso e potrebbe dipendere da un follow-up non sufficientemente lungo, posto che l’associazione temporale tra calo ponderale, risoluzione della NASH e miglioramento della fibrosi non è ancora ben compresa e che, non essendo dimostrata l’espressione a livello epatico di recettori per il GLP-1, il potenziale meccanismo d’azione dei GLP-1 AR a livello epatico potrebbe essere legato a effetti indiretti, come la riduzione ponderale e dell’insulino-resistenza, nonché della lipotossicità e della flogosi cronica di basso grado.


N Engl J Med. November 13, 2020, 2028395

PubMed


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