Skip to content

Gli SGLT2 inibitori oltre i confini del diabete: lo studio DAPA-HF

A cura di Marcello Monesi

30 settembre 2019 (Gruppo ComunicAzione) – Gli studi clinici condotti sulla classe degli SGLT2 inibitori hanno da tempo contribuito a ridisegnare gli algoritmi terapeutici delle società scientifiche internazionali. Come è ben noto tale classe di farmaci si caratterizza, oltre che per l’efficacia ipoglicemizzante, anche per gli effetti di protezione renale e cardiovascolare, con una particolare efficacia nella prevenzione dello scompenso cardiaco, prima causa di ospedalizzazione nel paziente diabetico. L’evidenza che il vantaggio di tali farmaci sullo scompenso è di fatto indipendente dalla riduzione della glicemia ha suggerito che tale beneficio potesse essere esteso anche ai non diabetici, per cui allo scopo di testare l’ipotesi sono stati avviati numerosi trial. Il primo studio completato – i cui risultati sono stati recentemente presentati al congresso della Società Europea di Cardiologia (ESC), riproposti con nuovi dati al congresso EASD e pubblicati sul New England Journal of Medicine – è il DAPA-HF.

In tale studio, condotto su oltre 4700 pazienti con scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta (classe NYHA II-IV), il 55% dei soggetti testati non era affetto da diabete. I pazienti, oltre all’usuale terapia per lo scompenso cardiaco, hanno ricevuto dapaglifozin 10 mg o placebo per un periodo di 18 mesi. L’endpoint primario dello studio era composito, costituito da peggioramento dello scompenso o morte per causa cardiovascolare, ed è risultato ridotto del 26% nei pazienti in terapia con dapagliflozin (16,3 vs 21,2%; HR 0,74, IC 95% 0,59-0,83, p = 0,0001), con un NNT (number needed to treat) particolarmente favorevole, pari a 21.

Tali risultati sono indipendenti dalla presenza di diabete nei soggetti trattati. E anche gli endpoint secondari hanno mostrato un vantaggio per dapagliflozin in termini di riduzione del numero di ricoveri per scompenso, miglioramento della qualità di vita, riduzione della mortalità cardiovascolare. La frequenza di eventi avversi legati a ipovolemia, peggioramento della funzionalità renale e ipoglicemia è risultata molto bassa, e non differiva tra gruppo in trattamento e placebo.

Secondo gli autori dello studio la riduzione della mortalità, dei ricoveri, il miglioramento della qualità di vita nei pazienti con scompenso a ridotta frazione di eiezione, apre nuovi scenari per l’impiego del dapagliflozin come terapia antiscompenso anche nei pazienti non diabetici a patto, ovviamente, che anche altri studi confermino tali dati.


N Engl J Med. 2019 Sep 19. doi: 10.1056/NEJMoa1911303. [Epub ahead of print]

PubMed


AMD segnala articoli della letteratura internazionale la cui rilevanza e significato clinico restano aperti alla discussione scientifica e al giudizio critico individuale. Opinioni, riflessioni e commenti da parte degli autori degli articoli proposti non riflettono quindi posizioni ufficiali dell’Associazione Medici Diabetologi.