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Glibenclamide e rischio neoplastico

A cura di Felice Strollo per il Gruppo AMD: Appropriatazza

20 novembre 2015 (Gruppo ComunicAzione) – Esistono dei dati indicativi di un possibile rischio cancerogeno della glibenclamide, peraltro basati su studi condotti con metodiche che sono state oggetto di critiche soprattutto da parte di esperti di epidemiologia e di statistica. Al fine di chiarire con maggiore accuratezza tale possibile associazione, il Dott. M. Tuccori (Montreal, Canada) e coll. hanno condotto uno studio di popolazione, analizzando dati relativi a 52.600 pazienti con diabete selezionati dal registro dei General Practioners inglesi (UK Clinical Practice Research Datalink) trattati con glibenclamide o altre sulfoniluree di seconda generazione, nei 27 anni compresi fra il 1988 e il 2014. I risultati di tale studio sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Diabetes Care (1).

La potenza dello studio è stata notevole, potendo contare su 280.288 anni-persona di follow-up. L’esclusione di potenziali fattori confondenti è stata particolarmente curata: è stata infatti inserita nell’analisi multivariata una mole di dati ragguardevole (ad es. variabili antropometriche e legate allo stile di vita, HbA1c all’ingresso, durata del trattamento specifico, classi di farmaci assunti per le comorbilità, tipo di ipoglicemizzanti precedenti o successivi all’inizio del trattamento). Con tale accorgimento, e con l’esclusione dei casi inseriti nel database meno di un anno prima dell’inizio della terapia, gli autori hanno tentato di minimizzare il rischio di errori legati a diagnosi di malattia latente misconosciuta e ad eventuali interferenti positivi o negativi sull’outcome prescelto.

Il rischio neoplastico globale legato alla glibenclamide è risultato (non significativamente) elevato del 9% rispetto alle altre sulfoniluree di seconda generazione, ma in base all’analisi secondaria (eseguita cioè con aggiustamento per i fattori confondenti) è risultato più elevato del 21% in rapporto a una durata del trattamento superiore ai 3 anni (HR 1,21; IC 95% da 1,03 a 1,42) e del 27% in rapporto a una dose giornaliera definita (DDD) complessiva superiore a 1096 (di fatto pari a 3 anni di DDD, con HR 1,27; IC 95% da 1,06 a 1,51), Da notare però che, con un ulteriore frazionamento dell’analisi, il rischio di cancro polmonare era del 7% inferiore rispetto alle altre molecole (HR 0,93; IC 95% da 0,88 a 0,99).

Fra i punti di debolezza dello studio figura soprattutto l’assenza nel database di alcuni dati utili quali la dieta, l’attività fisica, la razza/etnia e soprattutto la familiarità per cancro che, ad oggi, rappresenta un fattore di rischio ben più potente di tanti altri citati in letteratura. Tuttavia è particolarmente apprezzabile l’estrema accuratezza della descrizione del metodo statistico e la misura con cui gli autori si esprimono nelle conclusioni: l’uso prolungato di glibenclamide potrebbe associarsi ad un aumento del rischio neoplastico in rapporto proporzionale a durata e dose complessiva ma occorre ripetere lo studio su casistiche (NdE: diverse e possibilmente ancora più ricche di dati sui fattori confondenti) prima di potersi esprimere definitivamente a favore o contro l’associazione della glibenclamide con le neoplasie e, più in particolare, con un tipo specifico di cancro.

 

1) Diabetes Care2015;38:2083-9

PubMed


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