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Il calo ponderale indotto dalla chirurgia bariatrica può incidere sulle funzioni cognitive e sul rischio di demenza?

Punti chiave

Domanda: Il calo ponderale ottenuto con la chirurgia bariatrica ha effetti a lungo termine sulle funzioni e sulle strutture cerebrali?

Risultati: In uno studio di coorte olandese, 133 soggetti con obesità grave sottoposti a chirurgia bariatrica hanno mostrato miglioramento delle funzioni cognitive, degli indici di infiammazione, delle comorbilità, della propensione a svolgere attività fisica e dei sintomi depressivi fino a 2 anni dopo l’intervento.

Significato: A differenza di ricerche precedenti, questo studio ha considerato un campione più ampio, valutando gli outcome neurologici morfofunzionali a lungo termine e prospettando delle opzioni terapeutiche valide al contempo per l’obesità e la demenza.


A cura di Sara Colarusso

26 febbraio 2024 (Gruppo ComunicAzione) – L’obesità si associa a disfunzioni cognitive e mutamenti strutturali cerebrali, comportando un notevole incremento del rischio di demenza. I cambiamenti neurologici possono dipendere dal ridotto flusso cerebrale associato all’obesità, ma anche da modifiche nelle regioni frontali e ippocampali che hanno un impatto sulle funzioni cognitive esecutive e deputate all’attenzione e alla memoria.

In tale prospettiva, il calo ponderale derivante dagli interventi di chirurgia bariatrica (CB) potrebbe però migliorare la funzione e la struttura cerebrale. A tal riguardo i risultati degli studi disponibili sono spesso contrastanti, condotti su piccoli gruppi, con brevi periodi di follow-up e non esplicativi sui meccanismi sottostanti.

Uno studio di coorte olandese, recentemente pubblicato su JAMA Network Open, ha esaminato 133 soggetti con obesità grave, inclusi nel trial BARICO (Bariatric Surgery Rijnstate and Radboudumc Neuroimaging and Cognition in Obesity), sottoposti a bypass gastrico (Roux-en-Y), per valutare le associazioni a lungo temine fra il calo ponderale e le funzioni cerebrali. I pazienti (35-55 anni, 84,2% donne) sono stati reclutati fra il 2018 e il 2020 e osservati per 2 anni (ai tempi 0-6-24 mesi).

Gli outcome primari sono stati: peso corporeo, indice di massa corporea (BMI, body mass index), circonferenza vita, pressione arteriosa, uso di terapie farmacologiche, performance cognitive esaminate con test neuropsicologici, valutazione tramite risonanza magnetica dei volumi cerebrali (massa grigia e bianca), spessore corticale medio, con valutazione delle regioni di interesse (ROI, region of interest) come corteccia frontale, occipitale, parietale, temporale, giro cingolato e insula, flusso sanguigno cerebrale (CBF, cerebral blood flow), coefficiente di variazione spaziale (sCOV, spatial coefficient of variation). Gli outcome secondari erano dosaggio di adipochine e citochine, i sintomi depressivi e le variazioni dell’attività fisica svolta. Il miglioramento nelle funzioni cognitive è stato definito in base a un incremento postoperatorio pari almeno al 20% dei punteggi rilevati ai test neuropsicologici.

Gli autori hanno osservato una significativa riduzione di tutti i parametri antropometrici e dell’uso dei farmaci antipertensivi in tutta la coorte, parallelamente a minori sintomi depressivi e maggiore attività fisica. Il 42,9% dei soggetti in studio ha dimostrato un miglioramento del 20% nelle funzioni cognitive globali. Nonostante il più basso CBF, la struttura delle ROI e la massa bianca sono rimaste stabili dopo l’intervento chirurgico. Inoltre, sono risultati migliori gli indici infiammatori (minori livelli di leptina, e maggiore di adiponectina). E interessante è stata sia la rapidità nel miglioramento delle funzioni cognitive già dopo i 6 mesi, sia la stabilizzazione dei parametri morfofunzionali cerebrali dopo 2 anni, a testimonianza dei benefici del calo ponderale postoperatorio.

Questo studio ha altresì ipotizzato che la CB possa ritardare il declino cognitivo relato all’invecchiamento: l’obesità è di fatto associata a patologie e alterazioni vascolari, che verosimilmente non sono completamente reversibili dopo 24 mesi dalla CB, ma le modifiche strutturali tipiche dell’invecchiamento – e accelerate negli individui obesi – potrebbero pertanto essere stabilizzate o addirittura migliorate in alcune ROI dopo la CB.

Limiti dello studio: non è stato incluso un gruppo di controllo ed è presente una differenza di genere determinata dalla prevalenza campionaria di donne nelle quali l’atrofia cerebrale si è rivelata maggiore rispetto agli uomini.

Punti di forza: il campione era ampio ed è stato osservato per un lungo follow-up, è stata adottata una standardizzazione dell’indice di variazione nei test cognitivi ed è stata aggiunta la valutazione di adipochine, citochine, umore, attività fisica.

In conclusione, questo studio di coorte dimostra che circa il 40% dei partecipanti con obesità, una volta sottoposti a CB, ottiene un significativo miglioramento delle funzioni cognitive, ancora rilevabile e stabile a 24 mesi, potenzialmente dovuto a ridotta infiammazione, secrezione di adipochine, remissione delle comorbilità, maggiore attività fisica e miglioramento dell’umore. Tali cambiamenti si riflettono in aspetti strutturali cerebrali, dello spessore corticale e dell’efficienza vascolare in alcune ROI, anch’essi mantenuti stabilmente nel tempo di osservazione.

Ulteriori studi sono necessari per comprendere i meccanismi sottostanti, includendo anche gruppi di controllo, per sviluppare strategie atte a ridurre il rischio di sviluppare obesità e malattie neurodegenerative.


JAMA Netw Open 2024 Feb;7(2) e2355380

PubMed


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