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Impatto della malattia renale primaria sull’efficacia di empagliflozin in pazienti con CKD: analisi secondaria dello studio EMPA-KIDNEY

Punti chiave

Domanda: Il recente studio EMPA-KIDNEY, trial multicentrico randomizzato controllato verso placebo, condotto su circa 6600 pazienti affetti da vari gradi di insufficienza renale, ha dimostrato che l’uso di 10 mg di empagliflozin ha portato a una riduzione della progressione del danno renale e a una riduzione della morte per cause cardiovascolari. Ma empagliflozin può essere più o meno efficace in base alla tipologia di malattia renale primitiva che è causa dell’insufficienza renale?

Risultati: Quest’analisi secondaria dello studio EMPA-KIDNEY ha documentato che l’effetto di empagliflozin sullo slope (rapidità di variazione nel tempo del filtrato glomerulare) dell’eGFR è risultato simile nei diversi sottogruppi suddivisi per patologia renale primitiva, compresa le glomerulopatie e la malattia renale diabetica.

Significato: L’efficacia di empagliflozin nel rallentare la progressione dell’insufficienza renale è indipendente dalla tipologia di patologia renale che l’ha causata, suggerendo che gli SGLT2i dovrebbero essere parte della terapia in tutti i casi di malattia renale per minimizzare la progressione verso l’insufficienza renale terminale.


A cura di Alessandra Clerico

18 dicembre 2023 (Gruppo ComunicAzione) – Tra maggio 2019 e aprile 2021 lo studio EMPA-KIDNEY ha randomizzato 6609 soggetti seguiti per un tempo medio di 2 anni (IQR 1,5-2,4). I sottogruppi suddivisi per tipologia di malattia renale primitiva includevano 2057 (31,1%) partecipanti con malattia renale diabetica (DKD, diabetic kidney disease), 1669 (25,3%) partecipanti con patologia glomerulare, 1445 (21,9%) con danno da ipertensione arteriosa o nefrovascolare e 1438 (21,8%) da altre cause o a eziologia ignota.

La progressione del danno renale si è manifestata in 384 (11,6%) dei 3304 pazienti nel gruppo trattato con empagliflozin e in 504 (15,2%) su 3305 pazienti nel gruppo placebo (HR 0,71 [IC 95% 0,62-0,81]), senza alcuna evidenza che l’entità dell’efficacia dipendesse dalla malattia renale primitiva (pheterogeneity = 0,62).

La differenza tra i due gruppi gruppi in termini di slope dell’eGFR (dai 2 mesi di osservazione al termine del follow-up) era di 1,37 ml/min per 1,73 m2 per anno (IC 95% 1,16-1,59), rappresentando il 50% di riduzione relativa della percentuale di declino dell’eGFR. Questo effetto di empagliflozin sullo slope dell’eGFR era simile se si analizzavano i sottogruppi di pazienti con differente patologia renale di base, inclusi i pazienti con patologia glomerulare o diabete (p per eterogeneità tutti >0,1).

In un’ampia gamma di pazienti con malattia renale cronica da cause non diabetiche e a rischio di progressione verso l’insufficienza renale, empagliflozin riduce il rischio di progressione del danno. L’entità dell’effetto è sostanzialmente analoga indipendentemente dalle patologie che hanno causato il danno renale, suggerendo che gli SGLT2i dovrebbero essere parte della terapia standard in tutti i casi di malattia renale per minimizzare la progressione verso l’insufficienza renale terminale.


Lancet Diabetes Endocrinol 2023, Dec 4. Online ahead of print

PubMed


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