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La riduzione dei livelli di albuminuria migliora gli outcome cardiovascolari e renali

Punti chiave

Domanda: Una riduzione consistente dei livelli urinari di albumina si associa a un miglioramento degli outcome renali e cardiovascolari nel diabete tipo 2?

Risultati: I pazienti che presentavano una riduzione di UACR >30% nell’arco di 1 anno mostravano una netta riduzione degli outcome renali e cardiovascolari, indipendentemente dalla terapia in atto.

Significato: Il monitoraggio dei livelli e delle variazioni di albuminuria costituisce un importante indicatore di progressione delle complicanze cardiovascolari e renali associate al diabete; è necessario valorizzare le strategie terapeutiche volte alla riduzione dei livelli di UACR.


A cura di Marcello Monesi

12 aprile 2021 (Gruppo ComunicAzione) – Numerose evidenze emerse da trial randomizzati e da studi osservazionali dimostrano come la presenza di albuminuria sia un forte predittore di rischio renale e cardiovascolare nelle persone con diabete. I recenti trial di outcome cardiovascolare hanno evidenziato che molti dei nuovi farmaci ipoglicemizzanti, in particolare quelli appartenenti alle classi degli agonisti recettoriali del GLP-1 e degli inibitori del SGLT-2, sono in grado di ridurre in maniera significativa l’entità della perdita urinaria di proteine. Uno studio recentemente pubblicato su Diabetes Care ha investigato la possibile associazione tra la riduzione a un anno dei livelli di albuminuria e il rischio di eventi cardiovascolari e renali in persone con diabete tipo 2.

Si tratta di un’analisi post hoc dello studio LEADER, noto trial di outcome cardiovascolare condotto su più di 9000 diabetici ad alto rischio CV trattati con liraglutide vs. placebo in add-on alla terapia ipoglicemizzante già in atto. I ricercatori hanno stratificato la popolazione in tre gruppi, indipendentemente dalla terapia, a seconda dell’entità della riduzione dell’albuminuria, misurata come rapporto albumina-creatinina urinaria (UACR, urine albumin-to-creatinine ratio): maggiore di 30% nel primo gruppo (n = 2928), fra 30 e 0% nel secondo gruppo (n = 1218), nessuna variazione nel terzo gruppo (n = 4214).

Gli outcome erano costituiti da eventi cardiovascolari maggiori (MACE, major adverse cardiovascular event) per la parte cardiovascolare e da un composito per la parte renale (raddoppio della creatinina, dialisi o morte renale). Gli HR per i MACE risultavano pari a 0,82 (IC 95% 0,71-0,94, p = 0,006) nel gruppo con riduzione dell’albuminuria maggiore del 30% rispetto al gruppo senza variazioni; per il composito renale si osservava un HR pari a 0,67 (IC 95% 0,49-0,93, p = 0,02) tra il gruppo 30% e il gruppo senza variazioni. Tali dati risultano indipendenti dai valori basali di UACR e indipendenti dal tipo di terapia in atto.

La riduzione significativa del rischio cardiovascolare e renale in persone con diabete tipo 2 ad alto rischio, associata alla riduzione uguale o maggiore del 30% dei livelli di albuminuria, richiama l’attenzione sulla necessità di uno stretto monitoraggio di questo parametro che, secondo gli autori dello studio, conserva un grande potenziale non ancora pienamente sfruttato. Inoltre, tale riscontro valorizza indirettamente le strategie terapeutiche che maggiormente si associano alla riduzione dell’albumina urinaria, a conferma del loro provato beneficio in termini di protezione cardiovascolare e renale.


Diabetes Care 2021;44(4):1020-6

PubMed


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