Skip to content

Linagliptin non inferiore a glimepiride in termini di rischio di eventi cardiovascolari maggiori, ma con meno ipoglicemie: lo studio CAROLINA

A cura di Eugenio Alessi

14 ottobre 2019 (Gruppo ComunicAzione) – Gli inibitori della dipeptidil peptidasi-4 (DPP4-i) e le sulfoniluree sono, in molti paesi, i più utilizzati ipoglicemizzanti orali di seconda linea. Il DPP4-i linagliptin ha dimostrato, in uno studio con outcome cardiovascolari, la non inferiorità rispetto al placebo (1), ma non è stato confrontato con un comparatore attivo. D’altro canto, il profilo di sicurezza cardiovascolare a lungo termine delle sulfoniluree è controverso. Obiettivo dello studio clinico randomizzato e controllato CAROLINA, recentemente pubblicato su JAMA (2), è stato quello di comparare, in termini di sicurezza cardiovascolare, la terapia con linagliptin a quella con glimepiride, una delle sulfoniluree più utilizzate.

Lo studio ha reclutato 6033 partecipanti (età media di 64 anni), con diabete mellito tipo 2 di insorgenza relativamente recente (mediana della durata di malattia 6,3 anni), con HbA1c media di 7,2% ed elevato rischio cardiovascolare, definito come malattia aterosclerotica documentata (il 42% della popolazione), presenza di multipli fattori di rischio cardiovascolare, età >70 anni o presenza di microangiopatia. L’endpoint primario composito era la non inferiorità, con limite superiore dell’IC 95% <1,3, di linagliptin rispetto a glimepiride nel tempo di insorgenza di morte cardiovascolare, infarto miocardico non fatale e ictus non fatale (3P-MACE), con test per superiorità una volta dimostrata la non inferiorità. Fra gli endpoint secondari vi era un 4P-MACE con l’aggiunta di ospedalizzazione per scompenso cardiaco, i singoli componenti degli endpoint compositi, la mortalità per tutte le cause e outcome diabetologici, fra cui gli episodi di ipoglicemia, le variazioni ponderali e la proporzione di pazienti con HbA1c <7% alla fine dello studio, senza aggiunta di altri ipoglicemizzanti, ipoglicemie e incremento ponderale.

I partecipanti sono stati randomizzati a ricevere linagliptin (5 mg/die) o glimepiride (titolata da 1 a 4 mg/die) e l’83% circa dei pazienti in entrambi i gruppi assumeva anche metformina, mentre l’utilizzo di terapia insulinica era tra i criteri di esclusione; il follow-up mediano è stato 6,3 anni.

L’endpoint composito primario si è verificato nell’11,8% dei pazienti trattati con linagliptin e nel 12% dei pazienti trattati con glimepiride, HR 0,98 (IC 95% 0,84-1,14), p <0.001 per non inferiorità. Il successivo test per superiorità non era statisticamente significativo (p = 0,76). Non vi era differenza significativa fra i due gruppi nel 4P-MACE e nei singoli componenti dell’endpoint composito.

La percentuale di pazienti che raggiungeva HbA1c <7% alla fine dello studio, senza aggiunta di altri ipoglicemizzanti, ipoglicemie e incremento ponderale era del 16% nel gruppo linagliptin e del 10,2% nel gruppo glimepiride (HR 1,68, IC 95% 1,44-1,96). La mortalità per tutte le cause era sovrapponibile nei due gruppi. L’incidenza di ipoglicemia era significativamente minore nel gruppo linagliptin per tutte le categorie di severità predefinite; in particolare, il tasso di ipoglicemie moderate/severe era 1,4 per 100 pazienti-anno nel gruppo linagliptin vs 8,4 per 100 pazienti-anno nel gruppo glimepiride, HR 0,18 (IC 95% 0,15-0,21), p <0,001. Un modesto incremento ponderale è stato osservato nel gruppo glimepiride, con una differenza media fra i due gruppi di -1,54 kg (IC 95%, da -1,80 a -1,28) a favore di linagliptin. Nessun’altra differenza fra i due gruppi è emersa in termini di eventi avversi, fra cui ad esempio la pancreatite acuta.

Gli autori concludono che in questo studio randomizzato e controllato, a lungo termine, linagliptin si è dimostrato non inferiore a glimepiride in termini di incidenza di 3P-MACE, con un minor rischio di ipoglicemia e incremento ponderale.

Limite di questo studio, come riportato dagli autori, è quello di aver preso in esame pazienti a elevato rischio cardiovascolare, ma con durata di malattia relativamente breve, compenso metabolico mediamente discreto e con terapia insulinica fra i criteri di esclusione, per cui i risultati potrebbero non essere generalizzabili a pazienti con patologia di grado più avanzato. D’altro canto, i risultati dello studio tranquillizzano sulla sicurezza cardiovascolare delle sulfoniluree di generazione più recente.

 


1. JAMA 2019:321(1):69-79

PubMed

2. JAMA 2019;322(12):1155-66

PubMed


AMD segnala articoli della letteratura internazionale la cui rilevanza e significato clinico restano aperti alla discussione scientifica e al giudizio critico individuale. Opinioni, riflessioni e commenti da parte degli autori degli articoli proposti non riflettono quindi posizioni ufficiali dell’Associazione Medici Diabetologi.