Lipoipertrofia e lipoatrofia: differenze e risvolti clinici
A cura di Sandro Gentile per il Gruppo AMD-OSDI: Tecniche iniettive
9 maggio 2016 (Gruppo ComunicAzione) – Ayman Al A. Hayek (Riyadh, Arabia Saudita) e coll. hanno di recente pubblicato un articolo sulla frequenza di lipodistrofia (LD) in una piccola serie di diabetici tipo 1 (1), citando una classificazione relativa al grado o meglio alla gravità delle LD, pubblicata per la prima volta nel 2002 come Letter to the editor (2) che definisce lipoipertrofie (LH) di piccole dimensioni come grado 1; LH di maggiori dimensioni come di grado 2 e lipoipotrofia (LA) di grado 3.
Tale definizione è impropria sia da un punto di vista descrittivo sia interpretativo, e se era possibile commettere questo errore in anni in cui non si sapeva molto sulle cause dei due tipi di lesioni, alla luce delle attuali conoscenze ciò non è più possibile.
La LD è una delle complicanze cutanee più comuni delle iniezioni di insulina e può presentarsi in due forme, sia come LH sia come LA. La LH è un ispessito dall’aspetto gommoso al tatto che interessa il sottocute e che talvolta è più dura, mentre altre volte si presenta flaccida (3). Diverse cause attive localmente e connesse alle modalità di iniezione dell’insulina entrano in gioco nella formazione della LH: la stessa insulina, come fattore di crescita, ma con la cooperazione di altri fattori quali un microtrauma ripetuto, determinato dal riutilizzo dello stesso ago, dalla mancata rotazione delle sedi di iniezione, in alcuni casi dalla lunghezza e dallo spessore dell’ago; oltre a essere associata ad una serie di parametri tra cui il sesso femminile, un basso livello culturale, un elevato indice di massa corporea, una lunga durata di malattia e di trattamento insulinico (3). Al contrario, la LA è una lesione cicatriziale poco frequente, da atrofia del tessuto adiposo sottocutaneo, probabilmente indotta da impurità presenti in alcune preparazioni di insulina di prima e seconda generazione, visto tra l’altro che la sua prevalenza è in calo dall’introduzione degli analoghi (3). Diverse caratteristiche della LA ne suggeriscono un’eziologia immunitaria: è più frequente nei pazienti con diabete di tipo 1; colpisce soprattutto le donne, che spesso presentano altri disturbi autoimmunitari; mastociti ed eosinofili sono stati trovati in campioni bioptici ed è stata riportata una risposta positiva alla terapia con cromoglicato (un inibitore della proliferazione dei mastociti).
In letteratura esiste una significativa discrepanza di prevalenza di LH, che va dal 28 al 67%, verosimilmente per una carente metodologia di identificazione e/o per una ricerca non sistematica delle LH. Va tuttavia sottolineato che tale variabilità può anche essere dovuta alla diversa esperienza del personale sanitario nell’identificare le LH. Il gold standard per la ricerca di LH è rappresentato dall’ecografia cutanea, certamente non proponibile per un uso clinico routinario ma che riesce a documentare la presenza di LH anche di piccole dimensioni e non sporgenti sul piano cutaneo (4) e che rappresenta un riferimento per l’applicazione di una corretta metodologia di ricerca, come recentemente documentato da una ricerca del Gruppo intersocietario AMD-OSDI sulle Tecniche iniettive (4).
Dal punto di vista clinico, se le LH sono fortemente associate ad ampia variabilità glicemica e a possibili crisi ipoglicemiche, l’iniezione di insulina in aree lipoatrofiche provoca con maggiore facilità crisi ipoglicemiche anche gravi, a causa di un assorbimento molto più rapido dovuto alla ricca vascolarizzazione del tessuto muscolare. Risulta quindi estremamente importante non confondere LH e LA e ancor più ricercarle sistematicamente e con appropriata metodologia ed esperienza.
1) Diabetes Therapy. 2016 Mar 15. [Epub ahead of print]
2) Diabetes Care 2002;25(3):634
3) Diabetes&Metabolism 2013;39(5):445-53
4) Gentile S, Guarino G, Guida P, and Strollo F. on behalf of the AMD-OSDI Italian Injection Technique Study Group. A suitable palpation technique allows to identify skin lipohypertrophic lesions in insulin-treated people with diabetes. SpringerPlus 2016;5:563
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