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L’uomo e l’equilibrio della terra

Incontro con Luca Mercalli

di Marco Comoglio


 

Il 26° convegno regionale ADM Piemonte e Valle d'Aosta, svoltosi nel novembre scorso a Pollenzo (nei pressi di Bra, in provincia di Cuneo), aveva come argomento l'"Equilibrio". Abbiamo invitato Luca Mercalli, noto personaggio televisivo, presidente della Società Meteorologica Italiana e responsabile della rivista Nimbus.

Lo abbiamo invitato a parlare dell'equilibrio ambientale, e con un lungo intervento, che è stato una vera e propria lezione, egli ci ha illustrato la drammatica situazione della nostra terra vittima dell'incuria e della speculazione dell'uomo. Ci ha spiegato come la temperatura del pianeta stia progressivamente aumentando, specie negli ultimi vent'anni, come il mare Mediterraneo si sia avviato verso un processo irreversibile di perdita di biodiversità a causa dell'inquinamento e come dal 1989 – cioè dalla conferenza di Torino sul clima fino alla recente conferenza ONU di Varsavia – le società scientifiche abbiano lanciato appelli ai vari governi sempre rimasti inascoltati. Tra quelli più recenti e autorevoli, va ricordato il Millenium Alliance for Humanity and the Biosphere (MAHB).

Al termine del suo intervento abbiamo avuto il piacere di una lunga conversazione che ci ha consentito di approfondire ulteriormente gli argomenti trattati nella sua relazione. Visto l'interesse dell'argomento, la grande competenza, la drammaticità degli scenari descritti, ci fa piacere mettervi a parte di questa conversazione.

Buona lettura a tutti.


Luca Mercalli, anzitutto un grazie per essere stato con noi…
Be', anzitutto sono terrorizzato: mi hanno appena detto che adesso mi faranno un controllo della glicemia… Saranno dieci anni che non mi controllo il sangue… Limite anche questo, no?

Lei è un climatologo: che cos'è il limite nel suo campo?
Intanto devo dire che le vostre relazioni mi sono molto piaciute. Per certi versi, penso come voi. Sono una sorta di medico dell'ambiente, riesco a fare diagnosi e forse anche a stilare una terapia, ma non ottengo "aderenza", come dite voi. Sono quarant'anni che si predica il concetto del limite in campo ambientale, un po' come consigliare la dieta a un paziente, ma il risultato è solo frustrazione…

In che senso?
Nessuno pare voglia ascoltare, nemmeno avere la consapevolezza di essere malati, di essere causa di una malattia profonda. E anche di mettere in atto una terapia. E' dalla fine degli anni '60 del secolo scorso che si sta dicendo che l'ambiente non può essere sfruttato all'infinito, depredandone le risorse o inquinandolo, e che l'umanità non può crescere all'infinito. Aurelio Peccei, grande intellettuale italiano, manager ed economista, cominciò fin da quegli anni a porsi la domanda: esiste un limite alla crescita della popolazione e dell’uso delle risorse naturali? A lui si deve la nascita del Club di Roma e la prima indagine matematica su umanità e risorse del pianeta, condotta dal gruppo di dinamica dei sistemi del MIT. Eravamo nel 1972. Oggi non mi pare sia cambiato molto: in un mondo dalle dimensioni finite non è possibile una crescita infinita. Senza limite appunto. Viviamo prigionieri di questa follia.

Ma molto è stato detto…
Ma nulla fatto. Quando Peccei pubblica il primo rapporto, appunto nel '72, I limiti alla crescita, la popolazione mondiale contava all'incirca tre miliardi e mezzo individui. Quarant'anni dopo e con una popolazione raddoppiata, tutto ciò che è stato detto sui limiti oggettivi di questo ormai povero nostro globo è stato considerato una "cassandrata", se mi passate il termine.

Forse c'è anche stato molto allarme ingiustificato?
Ogni genere di approccio scientifico al concetto di limite delle risorse è stato per mille ragioni e motivi cancellato, rimosso, male interpretato. Chi si occupa di ambiente in modo scientifico è come voi medici: analizza, valuta, pone diagnosi, cerca di elaborare una terapia, ma poi bisogna avere il coraggio di applicare la cura…

Forse comunicate male?
Non credo. Si è provato ogni tipo di approccio: allarmistico, paternalistico, pacato, moderato, ironico, razionale, emotivo… Da quando si studia l’ambiente si è compreso che le sue reazioni sono paragonabili a quelle del nostro corpo. Quando la malattia si manifesta, le premesse vanno ricercate nel passato. Se oggi ho il diabete, voi diabetologi che fate? Analizzate e comprendete che esso arriva da lontano, da certi miei comportamenti e stili vita, come dite voi. Lo stesso vale per l’ambiente. La prevenzione è la fase più importante, quando la malattia è conclamata non è detto che si riesca a curare.

Però un po' cassandre a volte lo sembrate…
Allora lo siete anche voi medici quando dite al paziente: guarda che se fai questo hai buone probabilità di… L'approccio è sostanzialmente analogo. Abbiamo sviluppato ottimi strumenti e tecniche di analisi. Ma non è che facendo lo struzzo quando si dice: attenzione, se continuiamo così fra qualche decennio potremmo aver annientato la capacità riproduttiva del mare, scombussolato iil clima, annientato specie e distrutto foreste, acidificato gli oceani, esaurito minerali, cementificato i suoli, sparso inquinanti persistenti, si guarisce. Semplicemente ignoriamo il problema, ma poi i sintomi diventano sempre più evidenti, e allora può essere tardi.

Sta dicendo che ci stiamo fregando da soli?
Sì. Siamo antropologicamente antichi. Diciamo duecentomila anni di storia, di cui per centonovantamila siamo stati cacciatori e raccoglitori. Poi siamo diventati agricoltori e da soli due secoli siamo uomini industriali. Da cinque milioni di individui sparpagliati in uno spazio allora immenso siamo cresciuti agli attuali sette miliardi, siamo diventati sapiens, abbiamo inventato la scienza e la tecnologia, siamo progrediti e abbiamo sviluppato il sistema che oggi ci sta condannando. Esempi? Armi nucleari, sistemi di coltivazione che distruggono i suoli, inquinamento, emissioni climalteranti, per sintetizzare… Continuiamo ad avere il cervello predatore del cacciatore-raccoglitore neolitico, eppure abbiamo fra le mani il pulsante che, pigiato, può decretare la nostra fine. Che non è solo un missile nucleare, ma pure la nostra automobile, la nostra caldaia, il nostro computer… Anche se la consapevolezza che non si possa proseguire così – sia pur non in tutti – c’è.

Come cambiare?
Guardi, con la rivoluzione industriale abbiamo cambiato tutto. Certo, con aspetti fortemente positivi per la nostra qualità di vita. E la medicina ne è un esempio. Però pare che, da neolitici quali rimaniamo, la questione sia sempre il qui e ora, il problema del subito, e non il lungo periodo. Le prospettive di cui parliamo oggi – la finitezza delle risorse e la crisi climatica – non sono pura speculazione. Saranno realtà a brevissimo termine, per noi e per le generazioni future.

Diagnosi sociale impietosa, la sua…
Diciamo che abbiamo difficoltà a capire il concetto di equilibrio dinamico. Ce l'hanno i batteri, e anche le altre circa quindici milioni di specie viventi, ma noi parrebbe proprio di no. Abbiamo dimenticato le basi dell'ecologia. Abbiamo cioè smarrito il senso del limite. Per che cosa?

Terapia possibile?
Abbiamo l’intelligenza. Usiamola bene. Non lasciamo che in breve le leggi della termodinamica decidano per noi. Evitiamo di superare quelle soglie dopo le quali scatteranno le “sanzioni” naturali. Insomma, la nostra intelligenza può ancora elaborare una terapia che ci dia il senso del limite, dell’equilibrio, e poi il senso del rischio e del danno causato. Non nascondiamocelo: abbiamo compromesso il funzionamento dell’atmosfera per i prossimi millenni, stiamo acidificando gli oceani, compromettendo la catena trofica, e deforestando senza alcun limite, inserendo nei cicli vitali delle specie viventi il frutto delle nostre attività che poi ci ritornano sotto forma di interferenti endocrini o mercurio assunti ad esempio col pesce mangiato ecc. ecc. I calcoli dicono che la Terra avrà ancora cinque miliardi di anni di vita, per poi venire bruciata dal sole. Nel frattempo, rischiamo di estinguerci assai prima con le nostre mani, se non facciamo qualcosa per autoregolarci. Cercando cioè di bloccare questa folle corsa al consumo di tutto. L’unica terapia è la nostra intelligenza, che genera consapevolezza, che induce a cambiamenti, che dà senso alle nostre azioni. Alla modificazione degli stili di vita, come dite voi medici. Cioè al modello di sviluppo economico e demografico, fatti culturali. E al controllo. Come per la patologie croniche: impossibile guarirle, ma possibile controllarle, mantenendo una buona qualità di vita.

Dunque decisioni epocali?
Sì, epocali, sono condizioni assolutamente nuove sul pianeta. Sicuramente occorrono decisioni a livelli alti. Ma anche nel nostro piccolo possiamo cercare di limitare lo scempio che stiamo commettendo. Nel mio piccolo, oggi sono venuto da voi con la mia piccola auto elettrica. Non è una panacea, sia chiaro, ma la conseguenza della consapevolezza: un tentativo concreto di trovare un equilibrio fra la nostra voglia di vita migliore e i limiti oggettivi del globo che ci ospita. Equilibrio e limite, decrescita per il mondo ricco e crescita per quello povero, con riciclo, efficienza e risparmio, e una corretta informazione: sono le parole chiave del nostro presente se vogliamo avere ancora un futuro. E anche una buona salute. Ora vado immediatamente a fare il controllo della glicemia…

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Consulta le slide della presentazione di Luca Mercalli: clicca qui.

Per saperne di più:
  • L. Mercalli – A. Goria. Clima bene comune. Bruno Mondatori 2013
  • L. Mercalli. Prepariamoci. Chiarelettere 2011