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Minore rischio di scompenso cardiaco e morte nei pazienti trattati con inibitori del SGLT2 rispetto ad altri farmaci ipoglicemizzanti: lo studio CVD-REAL

A cura di Francesco Romeo

29 maggio 2017 (Gruppo ComunicAzione) – Il diabete mellito tipo 2 (DMT2) rimane il maggior fattore di rischio per malattie cardiovascolari e mortalità totale, nonostante l’evoluzione del trattamento. Lo scompenso cardiaco (SC) è una complicanza molto frequente del DMT2 e la sopravvivenza a 5 anni rimane inferiore al 25%. Proprio per questo motivo i nuovi farmaci non vengono studiati solo per la capacità di migliorare il compenso glicemico ma anche per la riduzione degli eventi cardiovascolari, compreso lo SCC.

Nel 2015 un farmaco della classe degli inibitori di SGLT2 (SGLT2-i), l’empagliflozin, aveva dimostrato di ridurre la mortalità totale e il rischio di ospedalizzazione per SC in pazienti diabetici in prevenzione secondaria (1).

In questo lavoro, i cui risultati sono stati presentati per la prima volta al congresso ACC (American College of Cardiology) nel marzo di quest’anno e pubblicati poi nei giorni scorsi sulla rivista Circulation (2), Mikhail Kosiborod e coll. hanno voluto valutare se tali risultati siano confermati anche nella vita reale e coinvolgano anche gli altri farmaci della stessa classe.

Sono stati arruolati circa 300.000 pazienti in sei nazioni (USA, Germania, Regno Unito, Norvegia, Svezia, Danimarca) attraverso i dati ottenuti dai registri nazionali di malattia, dai ricoveri ospedalieri e dalle prescrizioni mediche, utilizzando un metodo statistico molto sofisticato (propensity score non parsimonioso) che ha consentito di ottenere due gruppi molto omogenei, partendo da un numero complessivo di oltre un milione di assistiti.

Di quei soggetti, la metà era in terapia con un farmaco della classe degli SGLT2-i (canagliflozin 53%, dapagliflozin 42%, empagliflozin 5%) e l’altra metà con altri ipoglicemizzanti orali.

L’uso di SGLT2-i si è associato, in maniera statisticamente significativa, a un minore rischio di ospedalizzazione per SC (HR 0,61; IC 95% 0,51-0,73; p <0,001), mortalità per tutte le cause (HR 0,49; IC 95% 0,41-0,57; p <0,001) e endpoint combinato HHF e morte (HR 0,54; IC 95% 0,48-0,60, p <0,001), senza significativa eterogeneità fra paesi.

I risultati di questo studio multinazionale sembrano confermare anche nella pratica reale giornaliera (riduzione della mortalità totale del 51% e del rischio di ospedalizzazione del 39%) gli effetti cardiovascolari protettivi degli SGLT2-i già ottenuti in uno studio clinico randomizzato e controllato (EMPAREG). Inoltre, tali risultati orienterebbero verso un effetto di classe degli SGLT2-i (solo il 5% era in trattamento con empagliflozin) che coinvolge anche i pazienti diabetici in prevenzione primaria (87% degli arruolati non avevano avuto eventi cardiovascolari).


  1. N Engl J Med 2015;373:2117-28

      PubMed

  1. Circulation. Originally published May 18, 2017

      PubMed


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