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Outcome cardiovascolari e renali con empagliflozin in pazienti con scompenso cardiaco: lo studio EMPEROR-Reduced

Punti chiave

Domanda: Il noto farmaco empagliflozin, della famiglia degli SGLT2i, è efficace nel ridurre la mortalità, l’ospedalizzazione per scompenso cardiaco e la progressione del danno renale in pazienti con e senza diabete e ridotta frazione d’eiezione rispetto al placebo?

Risultati: In questo studio, in doppio cieco, sono stati assegnati in modo casuale 3730 pazienti con insufficienza cardiaca di classe II, III o IV e una frazione di eiezione del 40% o inferiore a ricevere empagliflozin (10 mg una volta al giorno) o placebo, oltre alla terapia standard, con una riduzione dell’endpoint composito primario di morte cardiovascolare o ospedalizzazione per scompenso cardiaco del 25% e degli eventi renali del 50%.

Significato: Tra i pazienti che ricevevano la terapia raccomandata per lo scompenso cardiaco, quelli del gruppo empagliflozin avevano un rischio inferiore di morte cardiovascolare o ospedalizzazione per insufficienza cardiaca rispetto a quelli del gruppo placebo, indipendentemente dalla presenza o assenza di diabete.


A cura di Francesco Romeo

7 settembre 2020 (Gruppo ComunicAzione) – Gli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio 2 (SGLT2) riducono il rischio di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca nei pazienti diabetici e, secondo nuove evidenze, anche indipendentemente dalla presenza di diabete. Sono però necessarie ulteriori conferme anche in merito agli effetti di questi farmaci nei pazienti con un ampio spettro di insufficienza cardiaca, compresi quelli con una frazione di eiezione notevolmente ridotta (HFrEF, heart failure with reduced ejection fraction).

In questo, condotto in studio in doppio cieco, e i cui risultati sono stati presentati il 29 agosto scorso al congresso 2020 della European Society of Cardiology e pubblicati in contemporanea sul New England Journal of Medicine, i ricercatori hanno assegnato in modo casuale 3730 pazienti con insufficienza cardiaca di classe II, III o IV e una frazione di eiezione del 40% o inferiore a ricevere empagliflozin (10 mg una volta al giorno) o placebo, oltre allo standard of care. L’outcome primario era un composito di morte cardiovascolare o ospedalizzazione per peggioramento dell’insufficienza cardiaca.

I pazienti sono stati seguiti per 16 mesi e circa la metà non aveva il diabete. Si è verificato un evento di endpoint primario in 361 pazienti su 1863 (19,4%) nel gruppo empagliflozin e in 462 pazienti su 1867 (24,7%) nel gruppo placebo (rapporto di rischio per morte cardiovascolare o ospedalizzazione per insufficienza cardiaca, 0,75; IC 95%, da 0,65 a 0,86; p <0,001). L’effetto di empagliflozin sull’outcome primario è stato coerente nei pazienti indipendentemente dalla presenza o assenza di diabete. Il numero totale di ricoveri per insufficienza cardiaca è stato inferiore nel gruppo empagliflozin rispetto al gruppo placebo (rapporto di rischio, 0,70; IC 95%, 0,58-0,85; p <0,001). La velocità annuale di diminuzione della velocità di filtrazione glomerulare (endpoint secondario) stimata è stata più lenta nel gruppo empagliflozin rispetto al gruppo placebo (-0,55 vs. -2,28 ml al minuto per 1,73 m2 di superficie corporea all’anno, p <0,001) e nel gruppo empagliflozin i pazienti avevano un minor rischio di gravi esiti renali.

Gli autori concludono che tra i pazienti dello studio che ricevevano la terapia raccomandata per l’insufficienza cardiaca, quelli trattati con empagliflozin hanno palesato un rischio inferiore di morte cardiovascolare o ospedalizzazione per insufficienza cardiaca rispetto a quelli del gruppo placebo, indipendentemente dalla presenza o assenza di diabete.


NEJMoa2022190 August 29, 2020 DOI: 10.1056

PubMed


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