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Pierre Dulaine: imparare divertendosi


P. Dulaine
 

Dall’1 al 5 marzo scorsi si è svolto a Zinal, in Svizzera, il corso Lorsque la crise perdure, le poids de la chronicite – Rôles des soignants avec les malades, rôles des humanitaires avec les victims organizzato dal Prof. Jean-Philippe Assal.

Il corso, come sempre, è stato molto affascinante e ha affrontato le problematiche della sofferenza dell’individuo: non solo quello colpito dalla malattia cronica ma anche colui che vive in prima persona le difficoltà legate a condizioni di vita disagiate in particolari aree del mondo. Coinvolgenti e commoventi sono state le testimonianze degli operatori della Croce Rossa che si trovano a operare in prima linea nei focolai del mondo dove maggiore è la sofferenza delle donne e degli uomini. Una sezione è stata dedicata ad un simpaticissimo personaggio, Pierre Dulaine, ballerino di fama mondiale, che ha messo a disposizione il suo talento artistico per aiutare i giovani – e in particolare i giovani dei quartieri più disagiati delle città degli Stati Uniti e di altre nazioni – a ritrovare la fiducia e la capacità di comunicare con gli atri attraverso il ballo.

di Marco Comoglio


La sua storia è stata portata sugli schermi, impersonata da Antonio Banderas, nel film Dance with me, e anche noi a Zinal abbiamo potuto sperimentare praticamente i suoi metodi.
Vista la sua grande disponibilità e cortesia, sono riuscito ad ottenere un’intervista con la quale spero di poterlo fare conoscere a tutti voi.  

Signor Dulaine, ci racconta brevemente la sua vita, abbastanza avventurosa e non facile, per fare conoscere le sue esperienze ai colleghi che non hanno avuto il piacere di conoscerla personalmente?
Sono nato a Jaffa in Palestina nell ’aprile del 1944. Nel 1948, anno della creazione dello stato d’Israele, abbiamo dovuto lasciare la casa dove sono nato e trasferirci a Limassol, Cipro. Ci siamo rimasti tre mesi pensando che tutto sarebbe tornato alla normalità e che saremo potuti tornare a casa a Jaffa, ma non fu così. Ci siamo trasferiti in Inghilterra e poi in Irlanda, a Belfast, dove siamo stati ospiti della famiglia di mio padre. Dobbiamo ricordarci che era il 1948… solo pochi anni dalla fine della seconda guerra mondiale… Per mio padre non c’era lavoro. Allora ci siamo trasferiti ad Amman, in Giordania, dove mio padre ha trovato lavoro presso l’UNRWA, la United Nations Relief and Works Agency for Palestine Refugees in the Near East. Abbiamo vissuto ad Amman sino al 2 novembre 1956, quando è iniziato il conflitto per il Canale di Suez, in Egitto… Abbiamo avuto un’ora di tempo per prepararci e lasciare il paese sugli aerei messi a disposizione per le famiglie inglesi. Siamo rimasti a Beirut per sei mesi per poi trasferirci, nel 1957, a Windsor, in Inghilterra. Sono cresciuto parlando l’arabo per la strada, il francese a scuola (al College des Freres) e inglese… solo in casa. L’anno successivo, a Birmingham, sono andato a scuola di ballo liscio: mi affascinava e ho continuato.

Che cosa lo ha spinto ad amare la danza?
Sono cresciuto ascoltando musica mediorientale… Non conoscevo la musica occidentale, specialmente quello che chiamano Ballroom Dancing. Un mio compagno di scuola mi ha portato alla scuola di ballo locale… L’ho provato, e mi è piaciuto moltissimo… Però ero molto, molto timido e parlavo inglese con un accento straniero, avevo un dente davanti rotto a metà e così sorridevo poco… Diciamola tutta: non avevo fiducia in me stesso. Ma amavo ogni minuto di questo ballo… Qualche mese più tardi mi ricordo che ho pensato che un giorno sarei voluto diventare campione mondiale… Il mio sogno da ragazzino si avverò: insieme alla mia compagna Yvonne Marceau sono stato quattro volte campione mondiale.

Nella sua vita ha viaggiato molto e incontrato molte persone, e ha vinto molti premi di ballo. Ma ha scelto di lavorare con i ragazzi: perché?
A cinquant’anni ho smesso di ballare professionalmente e ho iniziato ad insegnare a ballare i bambini in una scuola statale a New York. Ai bambini piaceva come insegnavo… e io amavo moltissimo insegnare. Così ho iniziato ad insegnare in un’altra scuola e a insegnare ad altri insegnanti ad insegnare ad altri bambini in più scuole…E così dopo quattordici anni mi ritrovo sessanta insegnanti e otto supervisori che lavorano con me ad insegnare ad oltre trentamila bambini… Anche in altre otto città negli Stati Uniti. Mi esibisco sempre, ma non in teatro: davanti ai bambini, insegnando loro che anch’io a quell’età ero molto timido. Devo dire con sincerità che la gioia e i sorrisi sulle loro facce sono per me una grande soddisfazione.

Nel suo insegnamento il ballo diventa uno strumento di educazione e di comunicazione tra i giovani. Spesso però i loro problemi sono espressione di un disagio che rende difficile comunicare. Come riesce a comunicare e a trasmettere il suo entusiasmo?
Il mio modo di insegnare e di farli “divertire”. E anch’io devo divertirmi con loro. E questo divertimento loro lo vedono, lo sentono. Ho imparato ad insegnare in modo “lento”, però intelligente. Spiegando loro un po’ alla volta. Cerco di non insegnare subito la “tecnica corretta”, ma come divertirsi mentre si imparano i passi. Insomma: scherzo, faccio battute, e così facciamo un “viaggio divertente” insieme. Imparando.

A Zinal ha incontrato persone diverse da quelle con le quali abitualmente lavora. Medici, infermieri , pedagogisti, operatori della Croce Rossa… Quale ricordo ha portato a casa dall’incontro?
L’unico modo per rispondere a questa domanda è dire che credo di trattare i bambini e gli adulti allo stesso modo. Con piccoli accorgimenti, ovvio. Vede: tutti vogliono divertirsi, e tutti hanno paura di sbagliare, specialmente davanti al compagno. Per questo chiedo a tutti di continuare a cambiare compagno di ballo, così nessuno rimane con lo stesso compagno per troppo tempo. E così impariamo tutti insieme e andiamo avanti. E alla fine della lezione… non era poi così male. A Zinal ero affascinato nel vedere che anche i “professionisti” della salute all’inizio erano veramente un po’ nervosi: ma alla fine del viaggio con me hanno compreso un senso: il viaggio di imparare a ballare divertendosi. Imparare è quello che conta.