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Secrezione insulinica residua in pazienti affetti da diabete tipo 1 in relazione all’età alla diagnosi e alla durata di malattia

22 maggio 2015 (Congresso Medico) – Il diabete tipo 1 (DMT1) è causato da una distruzione immunomediata delle beta-cellule pancreatiche che inizia molto prima della diagnosi e si ritiene prosegua ancora per molto tempo dopo. La misurazione del C-peptide è un metodo per quantificare la secrezione di insulina endogena e la funzione delle beta-cellule. Possono essere utilizzate le misurazioni a digiuno o casuali, ma il dosaggio convalidato è quello dopo stimolo con test di tolleranza al pasto misto (MMTT). Questo test viene usato come endpoint primario in studi clinici che cercano di valutare la secrezione insulinica nel DMT1. Il Diabetes Control and Complications Trial (DCCT) ha mostrato che un valore di C-peptide dopo stimolo >0,2 nmol/l è associato con minori episodi ipoglicemici, minore incidenza di retinopatia e nefropatia. Un altro recente report del DCCT indica che la presenza di C-peptide anche a valori molto bassi comunque è associata con un minor numero di complicanze del diabete. Diversi studi hanno dimostrato che la maggior parte degli individui con DMT1 ha una secrezione residua di insulina alla diagnosi e ancora 1-2 anni dopo la diagnosi e vi sono dati sulla persistenza di secrezione insulinica anche dopo molti anni di malattia, ma si tratta di coorti selezionate e piccoli numeri di partecipanti.

Poiché la funzione residua pancreatica ha un grosso impatto sulla gestione della terapia e sulla qualità di vita dei pazienti, i componenti del T1D Exchange Clinic Network (USA) hanno voluto determinare la frequenza di una presenza di funzione residua del pancreas in un’ampia coorte di individui con diverse età alla diagnosi e durata di DMT1, e i risultati dello studio sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Diabetes Care.

E’ stata determinata la concentrazione sierica di C-peptide non a digiuno in 919 soggetti con DMT1 suddivisi per età alla diagnosi e durata della malattia (da 3 a 81 anni). Il dosaggio del C-peptide dopo stimolo è stato eseguito nei soggetti che avevano valori non a digiuno dosabili e in un gruppo di quelli con valori non dosabili che è stato assunto come gruppo di controllo. La frequenza complessiva di C-peptide non a digiuno dosabile è stata del 29%, in diminuzione con l’aumentare della durata della malattia, indipendentemente dall’età alla diagnosi. In tutti i gruppi di durata della malattia, la frequenza di C-peptide dosabile era superiore per età alla diagnosi >18 anni rispetto a ≤18 anni. Il 19% di quelli con C-peptide non a digiuno non dosabile aveva un C-peptide positivo dopo test di stimolo.

In conclusione, anche se per definizione il DMT1 porta di solito a un deficit assoluto di insulina, i risultati di questo studio condotto su un’ampia coorte di pazienti suggeriscono che la secrezione residua è presente in quasi uno su tre individui 3 o più anni dopo la diagnosi di diabete. Tuttavia, la secrezione residua diminuisce con l’aumentare della durata di malattia ed è minore nei pazienti con diagnosi in età pediatrica, mentre la diagnosi in età più adulta è associata con maggiore presenza e con valori più elevati di C-peptide.

Diabetes Care 2015;38:476-81

PubMed


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