Un trial randomizzato controllato di confronto tra il trattamento con ipoglicemizzanti orali rispetto a quello con insulina basale in pazienti anziani con diabete tipo 2 in strutture assistenziali di lungodegenza
26 ottobre 2015 (Congresso Medico) – Il diabete mellito è un crescente “peso” sanitario ed economico mondiale, con una prevalenza direttamente correlata all’età anagrafica, quindi decisamente più elevata in persone con una età compresa tra 60 e 79 anni. La prevalenza stimata del diabete in strutture di lungodegenza (LD) varia da circa il 15 al 34%. Le persone affette da diabete che risiedono in tali struttura hanno più frequentemente gravi comorbilità, un rischio maggiore di ipertensione, malattie cardiovascolari, depressione, deficit cognitivo e sono molto meno autosufficienti rispetto alle persone non diabetiche. La gestione dell’iperglicemia è molto complessa nella popolazione geriatrica che risiede in strutture protette. Infatti, numerosi fattori tendono ad aumentare il rischio di iperglicemia tra cui l’invecchiamento, la vita sedentaria, lo stress di comorbilità mediche e chirurgiche e anche le variazioni del trattamento specifico. D’altra parte, i pazienti anziani hanno spesso delle difficoltà di nutrizione legate a inappetenza e a disfunzione d’organo con un conseguente aumentato rischio di eventi ipoglicemici. In generale, l’obiettivo terapeutico è quello di raggiungere livelli ottimali di glicemia evitando gli eventi acuti ipo- e iperglicemici, e di prevenire o ritardare la progressione delle complicanze croniche del diabete. Le linee-guida dell’American Diabetes Association per la gestione dei pazienti anziani in buona salute non sono diverse da quelle per gli adulti più giovani, mentre l’American Geriatric Society e altre società internazionali raccomandano un’HbA1c di 7-7,5% in adulti in buona salute. Un obiettivo più elevato di HbA1c, compreso tra il 7 e l’8% (64 mmol/mol), può essere più appropriato in presenza di comorbilità, fragilità e aumentato rischio di effetti collaterali o di ipoglicemia con l’utilizzo di specifici farmaci. Viene infine raccomandato un obiettivo inferiore a 8,5% per le persone con limitata aspettativa di vita.
Vi sono pochi studi retrospettivi che hanno analizzato la qualità della cura del diabete in pazienti anziani ospitati in strutture LD. Non vi sono studi randomizzati controllati che hanno confrontato l’insulina rispetto al trattamento ipoglicemizzante orale (OAD) sul controllo glicemico, sul rischio di ipoglicemia e di complicanze nei pazienti di strutture protette. Per questo, Francisco J. Pasquele coll. (USA) hanno condotto uno studio prospettico, randomizzato controllato che ha confrontato l’efficacia e la sicurezza del trattamento con insulina basale rispetto a quello con OAD (metformina, sulfaniluree, glinidi, glitazoni e inibitori della DPP-4) in pazienti delle strutture LD affetti da diabete tipo 2 (DMT2), i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista BMJ Open Diabetes Research and Care.
Sono stati arruolati pazienti con glicemia (BG) >180 mg/dl o HbA1c >7,5% e randomizzati al trattamento con basse dosi di insulina basale (glargine, dose iniziale di 0,1 U/kg/die) o OAD per 26 settimane. Per entrambi i gruppi era prevista la somministrazione supplementare di insulina ad azione rapida prima dei pasti per BG>200 mg/dl. L’endpoint primario era la differenza del compenso glicemico tra i gruppi, misurato come glicemia a digiuno e media glicemica giornaliera. La popolazione in studio era formata da 150 pazienti (età: 79 ± 8 anni, indice di massa corporea: 30,1 ± 6,5 kg/m2, durata del DMT2: 8,2 ± 5,1 anni, BG: 194 ± 97 mg/dl), 75 randomizzati per l’insulina basale e altri 75 per la terapia OAD. Non ci sono state differenze nella BG media a digiuno (131 ± 27 vs 123 ± 23 mg/dl, p = 0,06) tra i due gruppi, ma i pazienti trattati con insulina hanno avuto una media giornaliera di BG superiore (163 ± 39 vs 138 ± 27 mg/dl, p <0,001) rispetto a quelli trattati con OAD. Non ci sono state differenze nell’incidenza di ipoglicemie (<70 mg/dl) tra insulina (27%) e OAD (31%), p = 0,58. Inoltre, non vi sono state differenze nel numero di complicanze che hanno richiesto il ricovero in ospedale, negli accessi in pronto soccorso e nella mortalità tra i due gruppi.
In conclusione, i risultati di questo studio indicano che i pazienti anziani affetti da DMT2 che risiedono in strutture LD hanno un controllo glicemico e un’incidenza di eventi ipoglicemici e complicanze simili sia che vengano trattati con insulina basale sia con OAD. Sono comunque necessari ulteriori studi che includano i pazienti con un range più ampio di controllo glicemico, e anche coloro che avevano già un precedente trattamento insulinico, per valutare meglio i diversi regimi terapeutici e sviluppare strategie volte a prevenire l’ipoglicemia in questa popolazione “fragile”.
BMJ Open Diabetes Res Care 2015;3:e000104
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