Alirocumab vs. terapia usuale nel paziente diabetico con
A cura di Carla Tortul
29 giugno 2017 (Gruppo ComunicAzione) – Nel simposio svoltosi durante 77th Scientific Sessions dell’ADA, tenutesi a San Diego (California; USA), dal titolo Inibizione di PCSK9 in pazienti dislipidemici affetti da diabete, sono stati presentati i risultati di due studi ODYSSEY DIABETES. Il primo di essi, lo studio internazionale “Efficacy and Safety of Alirocumab Versus Usual Care on Top of Maximally Tolerated Statin Therapy in Patients With Type 2 Diabetes and Mixed Dyslipidemia” (ODYSSEY DM-Dyslipidemia), ha valutato l’efficacia e la sicurezza del trattamento con alirocumab, un inibitore della proproteina della convertasi subtilisina/Kexin tipo 9 (PCSK9), rispetto alla terapia standard, in pazienti con diabete tipo 2 (DMT2) e dislipidemia mista, a rischio cardiovascolare (CV) elevato e con colesterolo non HDL (C-non HDL) non adeguatamente controllato con il dosaggio massimo tollerato di statina.
Disegno e Metodi dell’ODYSSEY DM-Dyslipidemia
Si tratta di uno studio internazionale randomizzato, aperto, a bracci paralleli a cui hanno partecipato 413 persone con DMT2, provenienti da 110 centri di Stati Uniti, Europa, Sud America, Medio Oriente, Australia e Regno Unito, per un periodo di trattamento di 24 settimane e un periodo di follow-up di sicurezza di 8 settimane.
I principali criteri di inclusione erano il DMT2, la dislipidemia mista (C-non HDL ≥100mg/dl e trigliceridi ≥150 e <500mg/dl) e un elevato rischio CV (ossia con malattia cardiovascolare aterosclerotica documentata o con almeno un altro fattore di rischio CV).
Per la prima volta la riduzione del colesterolo è stata valutata utilizzando, come endpoint primario, il C-non HDL, considerato un migliore indicatore del rischio CV rispetto al colesterolo LDL, in particolare nei pazienti con DMT2 e dislipidemia mista.
I pazienti sono stati randomizzati, in un rapporto 2:1, ad alirocumab 75 mg ogni 2 settimane (somministrato per via sottocutanea tramite un autoiniettore) o alla terapia standard, in aggiunta alla massima dose tollerata di statina (se non intolleranti).
Nei pazienti randomizzati alla terapia standard che non raggiungevano un adeguato controllo del C-non HDL con la posologia massima tollerata di statina, gli investigatori potevano aggiungere, a loro scelta e in accordo con le linee guida locali, uno dei seguenti farmaci: ezetimibe, fenofibrato, acidi grassi omega-3 o acido nicotinico.
I pazienti del gruppo in trattamento con alirocumab che mantenevano un C-non HDL ≥100mg/dl al follow-up di 8 settimane, venivano sottoposti, in cieco, all’aumento della posologia di alirocumab a 150 mg a partire dalla 12ma settimana.
L’endpoint primario dello studio era la differenza percentuale di non HDL-C dal basale alla 24ma settimana, tra i bracci in trattamento.
Risultati
Dopo 24 settimane, i dati indicano che alirocumab ha ridotto significativamente il C-non HDL rispetto alla terapia convenzionale, con una differenza media tra i due bracci del 32,5% (p <0,0001).
È stato inoltre osservato un miglioramento complessivo dell’assetto lipidico nei pazienti del gruppo attivo rispetto a quelli in terapia tradizionale, e la maggior parte dei pazienti del gruppo in alirocumab ha raggiunto i livelli raccomandati di lipidi alla dose di 75 mg. Non sono state registrate differenze nel numero di eventi avversi tra i due bracci.
Alirocumab è stato generalmente ben tollerato e non ha influenzato il controllo glicemico.
Commenti e prospettive
“La malattia cardiovascolare è una causa significativa di morbilità e mortalità nelle persone con diabete tipo 2. La dislipidemia mista è comunemente presente in tali pazienti e aumenta ulteriormente il loro rischio cardiovascolare” ha affermato Robert R. Henry, MD, della Division of Endocrinology & Metabolism alla University of California, San Diego (Californa; USA), e responsabile del Endocrinology, Metabolism & Diabetes Section e del Center for Metabolic Research presso VA Medical Center di San Diego. E ha aggiunto “Lo studio ODYSSEY DM-Dyslipidemia è il primo trial che confronta direttamente un inibitore di PCSK9 con la terapia tradizionale in pazienti con diabete tipo 2 e dislipidemia. I risultati del nostro studio potranno aiutare i clinici nella gestione della dislipidemia mista, che rappresenta una sfida persistente nella pratica clinica”.
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