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Diabete No Grazie

Curati dalle olive

Secondo un gruppo di biochimici dell’Università di Firenze, coordinato da Massimo Stefani, l’oleuropeina, contenuta nell’olivo, nei suoi frutti e quindi nell’olio, modererebbe la glicemia nelle persone con diabete, contribuirebbe a prevenirla in quelle a rischio, ridurrebbe gli stati infiammatori e potrebbe perfino contribuire a rallentare o prevenire il morbo di Alzheimer.

Massimo Stefani
coordinatore del Dipartimento di Scienze Biomediche Sperimentali e Cliniche “Mario Serio”, Università di Firenze.

La dieta mediterranea, considerata uno degli stili alimentari più sani e più capaci di prevenire il diabete e le malattie cardiovascolari, si caratterizza fra le altre cose per un ampio ricorso all’olio di oliva. Eppure l’olio di oliva è un grasso puro. Cosa lo rende un alimento consigliabile?

Una possibile risposta viene dalle ricerche condotte da un gruppo di Biochimici dell’Università di Firenze (del Dipartimento di Scienze Biomediche Sperimentali e Cliniche “Mario Serio”) coordinato dal professor Massimo Stefani.

La risposta è che l’olio deve i suoi effetti benefici non ai grassi quanto ai polifenoli presenti nell’olivo (attenzione nell’olivo: non solo nell’olio di oliva).

Da tempo sono noti i numerosi effetti positivi dei polifenoli. Sono i polifenoli, i principali ‘principi attivi’ che portano a consigliare i mirtilli per i loro effetti anti-infiammatori, il vino rosso (in moderate quantità) per i loro effetti antiossidanti e quindi sull’aterosclerosi e così via.

I polifenoli sono circa 8 mila, molti dei quali specifici di una specie di piante. L’oleuropeina è il principale polifenolo presente nell’olivo, «Possiamo definirlo il ‘principio attivo’ dell’olio di oliva», spiega Massimo Stefani, «anche se a dire il vero nell’olio di oliva questa sostanza è presente in concentrazioni minori rispetto ad esempio alle concentrazioni che troviamo nelle foglie dell’olivo o nelle olive stesse. Nel processo di lavorazione dell’olio anche extravergine buona parte dell’oleuropeina viene rimossa anche perché è responsabile del sapore amaro».

Le ricerche svolte dal team del Dipartimento di Scienze Biomediche Sperimentali e Cliniche dell’università di Firenze hanno permesso di ipotizzare con forza i benefici effetti dell’oleuropeina sulla prevenzione e sulla gestione del diabete «Così come su malattie neurodegenerative quali l’Alzheimer, tanto che abbiamo deciso, come Università, di brevettare l’utilizzo dell’oleuropeina come vero e proprio farmaco per la gestione e la prevenzione del diabete di tipo 2».

L’oleuropeina somiglierebbe, nei suoi effetti antiperglicemizzanti, a un principio attivo normalmente utilizzato nella cura del diabete di tipo 2 e sperimentato anche nella sua prevenzione: la metformina «Come la metformina», interviene Gianfranco Liguri, docente al Dipartimento di Scienze biomediche fiorentino, «anche la oleuropeina ha effetti ‘pleiotropici’ vale a dire non solo sulla glicemia ma su tutta una ampia serie di condizioni».

«Studi su animali e preliminari sull’uomo indicano nei polifenoli dell’olio di oliva i principali responsabili delle virtù benefiche di questo alimento che comprendono azioni anti-cancro, anti-sindrome metabolica e anti-neurodegenerazione associata all’invecchiamento», continua Stefani, «gli studi epidemiologici hanno confermato che il consumo dei polifenoli dell’olivo riduce il rischio di sviluppare diabete di tipo 2. Oltre a questo, i trial clinici condotti su soggetti a rischio di diabete di tipo 2 o con forme precoci della malattia hanno dimostrato che l’assunzione di oleuropeina per alcune settimane si associava a una minore resistenza all’insulina: riduceva la glicemia post-prandiale, l’emoglobina glicata e dell’insulinemia. Altri studi hanno dimostrato anche un miglioramento dei lipidi: colesterolo ‘cattivo’ e trigliceridi, della funzionalità cardiaca, dell’obesità, della steatosi epatica, della funzione vascolare e del quadro infiammatorio generale».

La somiglianza fra gli effetti, dimostrati della metformina e quelli oleuropeina indicati negli studi condotti dall’Università di Firenze e da altri studiosi, non è casuale. «Il meccanismo di azione della metformina e dell’oleuropeina è simile e si esprime nell’attività che avviene all’interno della cellula», spiega Gianfranco Liguri. Le cellule, infatti, quando sono poste sotto qualche stress (ad esempio da un’infiammazione, o da un disequilibrio alimentare) o quando mancano di sostanze nutrienti attivano un processo chiamato ‘autofagia’: insomma ‘fanno pulizia’ al loro interno eliminando sostanze in eccesso.

L’olio di oliva potrebbe essere il farmaco per la sindrome metabolica, la macro-condizione spesso associata al sovrappeso o all’obesità? «Non esattamente: utilizzare l’olio di oliva è una sana abitudine da consigliare per tutta la vita, ma per raggiungere una concentrazione di oleuropeina sufficiente a ottenere benefici a breve termine occorrerebbe assumere una dose davvero eccessiva di olio o mangiare etti di olive ogni giorno», nota Liguri. Da qui l’idea di estrarre o sintetizzare l’oleuropeina e proporla come farmaco o come additivo agli alimenti.
La prospettiva indicata dal Team di ricercatori fiorentini è che l’assunzione di oleuropeina riduca lo resistenza all’insulina comune nelle persone sovrappeso e/o sedentarie, riportando la glicemia verso i livelli normali e riduca lo stress ossidativo dovuto alle iperglicemie e quindi la produzione dei famosi ‘radicali liberi’. Inoltre c’è l’affascinante prospettiva di combattere i dismetabolismi delle cellule del pancreas, dei tessuti periferici e cerebrali, alla base della sindrome metabolica e responsabili sia della genesi dell’insulino-resistenza sia della malattia di Alzheimer.