Lotta al cibo spazzatura. E se costasse di più?
Negli Stati Uniti si sta seriamente pensando di affrontare la vasta problematica della buona educazione alimentare – volta a ridurre la pesante incidenza di patologie legate a diete poco salutari – passando per il portafoglio della gente. Per combattere la mania di quello che gli americani chiamano junk food, il cibo ‘spazzatura’ consumato in tutta fretta nelle grandi catene di paninerie e pizza al trancio, c’è chi propone di aumentare i prezzi di vendita al dettaglio e gli oneri fiscali a carico delle aziende distributrici. Ma gli studiosi avvertono una certa sul piano delle ricerche incrociate che possano surrogare la correlazione tra comportamenti alimentari e costo dei cibi consumati. Quella pubblicata recentemente su Archives of Internal Medicine è uno dei primi studi, basato sulle risposte fornite dagli oltre cinquemila partecipanti allo studio Cardia, un ambizioso progetto di valutazione ventennale dei rischi cardiovascolari nei giovani adulti.
Effettuando una analisi di regressione, gli autori dello studio, tutti provenienti da università americane ed europee, hanno calcolato che il prezzo reale di bevande gassate e pizza al trancio è tendenzialmente diminuito negli ultimi anni. Una tendenza non positiva dal punto di vista della corretta dieta, perché mettendo a confronto i dati sui livelli energetici assunti con gli alimenti si nota che a un aumento di prezzo di queste due categorie di cibo corrisponde una netta diminuzione delle quantità consumate.
Gli autori suggeriscono che una politica sanitaria che faccia pesare maggiormente lo scontrino della pizzeria nel centro commerciale o la lattina di bevanda zuccherata consumata ai distributori, avrebbe un effetto netto sui tassi di incidenza di obesità e diabete. Ovviamente, una politica del genere dovrebbe prevedere una alternativa praticabile per chi non può permettersi cibo salutare ma troppo costoso.