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Alimentazione: guidati dalle Linee

Le Linee guida in materia di alimentazione possono rappresentare un punto fermo, un faro nel caos di mezze verità e di affermazioni distorte sui benefici di singoli alimenti. Occorre però conoscerle e soprattutto saperle interpretare. Le riflessioni di Marco Comoglio

Quasi ogni giorno arrivano all’opinione pubblica raccomandazioni ‘scientifiche’ relative alla alimentazione, non di rado contraddittorie. Il risultato è una gran confusione che colpisce chi vorrebbe indicazioni precise per migliorare le proprie abitudini e supporta chi non si preoccupa di alimentarsi in modo corretto.

Grandi aziende e consorzi di produzione e trasformazione degli alimenti hanno capito che l’opinione pubblica è sempre più cosciente del ruolo che l’alimentazione può svolgere nel migliorare la salute e che le persone sono disposte a orientare gli acquisti sulla base delle indicazioni – spesso solo apparentemente ‘scientifiche’ – che ricevono attraverso i mass media.

Queste informazioni arrivano quindi già ‘trattate’ o ‘precucinate’, complici l’impreparazione dei giornalisti e i controlli inadeguati delle autorità. «Ci sono studi scientifici ‘ispirati’ da aziende o comunque condizionati. Ci sono studi seri ma parziali per numero di casi studiati o per il metodo adottato o per le variabili valutate i cui risultati sono propagandati senza tener conto di questi limiti. Ci sono poi studi di valore i cui risultati sono riportati dalla stampa in modo non sempre corretto ….», elenca Marco Comoglio, diabetologo e direttore di AMDcomunicAzione l’editore di diabetenograzie.

In questa confusione ci sono però dei punti fermi: per esempio le Linee guida sull’alimentazione promosse da governi o istituzioni un po’ di tutte le nazioni. «I Governi hanno capito che un’alimentazione più sana può sostanzialmente ridurre l’incidenza di malattie croniche come il diabete, degli eventi cardiovascolari e dei tumori. Uno studio americano ha dimostrato che un miglioramento nella qualità dell’alimentazione, calcolato attraverso lo Healty eating Index, ha ridotto del 6,6% le morti totali dal 2000 al 2011», nota Comoglio che, insieme a Luca Monge, ha presentato a un convegno, organizzato in giugno 2016 da AMD Piemonte con Slow Food, una relazione sulla evoluzione delle Linee guida americane in materia di alimentazione e stili di vita, «l’ultima edizione delle Linee guida statunitensi si distingue sia per il maggiore accento posto sulla prevenzione, sia per l’attenzione alle modalità di implementazione e diffusione nella vita quotidiana delle Linee guida stesse: scuole, comunità, luoghi di lavoro e famiglie. Il tutto con suggerimenti concreti a volte un po’ buffi come il consiglio di tenere i meeting aziendali camminando nel parco invece che seduti in sala riunioni, a volte efficaci come il parlare di ‘scodelle’ invece che di ‘porzioni’ per definire in modo più semplice la quantità di cereali o di verdura».

Qualcuno ricorderà l’impegno della first lady Michelle Obama nell’invitare la popolazione a coltivare gli orti urbani e la sua promozione del ‘piatto a spicchi’ la nuova metafora usata al posto della ‘piramide alimentare’ per raffigurare il peso che i vari alimenti devono avere nella alimentazione. «Paesi diversi adattano le loro Linee guida alle abitudini alimentari del luogo e questo vale anche per le raffigurazioni: la ‘piramide alimentare’ assume la forma di una ostrica nelle Linee guida del Qatar e di una capanna in quelle del Burundi», esemplifica Comoglio. In Italia le Linee guida Inran hanno visto il loro ultimo aggiornamento nel 2003.

«Le Linee guida dovrebbero stagliarsi sul rumore dell’informazione in materia alimentare perché si basano su dati raccolti esaminando per lunghi periodi di tempo il comportamento alimentare e la salute di decine di migliaia di persone. Non si tratta quindi di ipotesi desunte dal comportamento in vitro di una sostanza ma di osservazioni scientifiche: le scelte alimentari sul lungo termine possono influenzare pesantemente la salute», spiega Comoglio.

Certo, anche le Linee guida non sono esenti da condizionamenti. Per esempio è significativo che le Linee guida americane, che nelle precedenti versioni avevano definito un limite alla quantità di proteine della dieta (uova carni rosse, bianche, pesci, molluschi, uova, fagioli, noccioline, piselli) in circa 156 grammi al giorno, nella loro ultima versione si sono limitate a raccomandare una generica riduzione del loro consumo nei giovani e negli uomini. «È noto che i grandi produttori di carne e di cereali per allevamenti americani sono molto ascoltati presso il Dipartimento dell’agricoltura che insieme al National Institute of Health emana queste Linee guida e fa un po’ sorridere il fatto che la quantità di caffè consigliata al giorno sia da 3 a 5 tazze di caffe da 240 ml, esattamente eguale alla capienza dei bicchieri serviti da Starbucks», aggiunge Marco Comoglio.

In ogni caso, queste Linee guida segnano un cambiamento in quanto hanno posto indicazioni importanti quali la limitazione degli zuccheri aggiunti in particolare nei soft drink e le indicazioni a seguire un modello di sana alimentazione nel corso di tutta la vita, con un livello calorico adeguato per raggiungere e mantenere un giusto peso corporeo, cercando l’equilibrio tra i nutrienti, con il fine di ridurre il rischio delle malattie croniche.

Viene proposta attenzione alla densità calorica e alla quantità dei nutrienti, ma anche a qualità e varietà dei cibi.

Infine, conclude Comoglio, si propone di passare a scelte alimentari più sane, considerando le preferenze culturali e personali per rendere questi cambiamenti più facili da realizzare e mantenere.
Ognuno ha un ruolo nel contribuire a creare e sostenere abitudini alimentari sane in diversi contesti, casa, scuola, lavoro, comunità.

In conclusione, con le dovute cautele e con le opportune visioni critiche, queste Linee guida possono porre le basi per iniziare una corretta ‘rieducazione alimentare’ della popolazione, in particolare quella americana.