Congresso EASD 2015 – Highlights
Le relazioni del 16 settembre 2015
Liraglutide e lixisenatide: un confronto testa a testa
CongressoMedico – In un confronto testa a testa presentato all’EASD 2015, in pazienti con diabete tipo 2 il trattamento con liraglutide è sembrato portare a un maggiore controllo glicemico rispetto al trattamento con un altro GLP-1 agonista, lixisenatide, in aggiunta a metformina.
Michael Nauck, MD, del St.-Josef Hospital, Ruhr-Universität di Bochum (Germania) ha detto che, dopo 26 settimane, nei pazienti assegnati a liraglutide l’HbA1c media risultava diminuita del 1,83% rispetto al basale rispetto a un calo del 1,21% riscontrato in quelli trattati con lixisenatide, con una differenza dello 0,62% che raggiungeva la significatività statistica [IC 95% da -0,80 a -0,44, p <0,0001)].
Nauck ha poi detto che il 74% circa dei pazienti trattati con liraglutide ha raggiunto un’HbA1c<7% rispetto al 45,5% dei pazienti trattati con lixisenatide (p <0,0001); e il 54,6% dei pazienti trattati con liraglutide ha raggiunto un obiettivo di HbA1c ≤6,5% rispetto al 26,2% dei pazienti assegnati a lixisenatide (p <0,0001).
E ha osservato che, mentre entrambi i farmaci vengono somministrati una volta al giorno,ma hanno tempi di dimezzamento diversi
Nel suo intervento, Robert Ratner, MD, direttore scientifico e medico dell’American Diabetes Association, ha detto che entrambi i farmaci sono utili nel trattamento di pazienti: “Certo, si tratta di farmaci diversi: liraglutide ha un’emivita lunga, lixisenatide breve. E in definitiva questo studio conferma la necessità di focalizzarsi sul trattamento centrato sul paziente”. E ha spiegato che se un paziente ha difficoltà nel controllo della glicemia durante il giorno, un farmaco come la liraglutide potrebbe essere appropriata. Viceversa, se il paziente ha un buon controllo glicemico medio ma picchi postprandiali, un farmaco come il lixisenatide potrebbe essere una scelta più opportuna. “Entrambi i farmaci hanno il loro posto nella terapia” ha aggiunto. “Il medico e il paziente devono determinare gli obiettivi della terapia e applicare il trattamento adeguato”.
Nello loro studio, in aperto, Nauck e colleghi hanno arruolato 404 pazienti, assegnandone 202 a uno dei due farmaci. I pazienti avevano un età media di circa 56 anni; circa il 60% di loro erano uomini; avevano una diagnosi di diabete da circa 6 anni; il loro peso medio era circa 100 kg, e il loro indice di massa corporea era di circa 34 kg/m2; l’HbA1c al basale era di 8,4%.
Nauck ha detto che 176 pazienti assegnati a liraglutide hanno completato lo studio contro 162 pazienti trattati con lixisenatide. I ricercatori hanno incluso pazienti adulti con diabete tipo 2 in terapia con metformina da almeno 90 giorni. Sono stati assegnati a metformina più liraglutide con il dosaggio titolato a 1,8 mg/die o a lixisenatide titolata a 20 mcg/die.
Quando i ricercatori hanno esaminato i livelli di glicemia a digiuno, uno dei diversi endpoint secondari, hanno riscontrato un vantaggio per liraglutide: dopo 26 settimane, i pazienti che assumevano liraglutide mostravano una riduzione glicemica di 2,85 mmol/l a fronte di una riduzione di 1,70 mmol/l con lixisenatide (p <0,0001). E il calo ponderale si è osservato con entrambi i farmaci: dopo 26 settimane, i pazienti trattati con liraglutide hanno registrato un calo medio di 4,26 kg rispetto ai 3,67 kg dei pazienti trattati con lixisenatide; tale differenza (0,59 kg) non ha però raggiunto la significatività statistica (p = 0,2347).
Nauck ha poi precisato che nessuno dei pazienti è morto durante lo studio e ha riferito che il 71,85% dei pazienti trattati con liraglutide ha avuto eventi avversi, rispetto al 63,9% dei pazienti trattati con lixisenatide; il 5,9% dei pazienti trattati con liraglutide ha avuto eventi avversi gravi, rispetto al 3,5% dei pazienti trattati con lixisenatide. Il profilo degli eventi avversi è stato simile per entrambi i farmaci, anche se diarrea e perdita di appetito si sono registrati nei pazienti che assumevano liraglutide rispetto a quelli del gruppo lixisenatide.
Nel commentare il lavoro, Bo Ahrén, MD, dell’Università di Lund (Svezia), ha detto: “Questo studio dimostra che entrambi questi farmaci sono efficaci. Anche se nella specifica popolazione analizzata – individui con un’HbA1c decisamente elevata – ci saremmo aspettati che liraglutide avesse un impatto maggiore nel ridurre la glicata”.
Conflitto di interessi: lo studio è stato supportato da un grant di Novo Nordisk. Il Dott.Nauck ha dichiarato relazioni con AstraZeneca, Bayer Vial, Boehringer Ingelheim, Bristol-Myers Squibb, Eli Lilly, GlaxoSmithKline, Hoffmann-La Roche, Menarini/Berlin-Chemie, Merck, Novartis, Novo Nordisk, Sanofi-Aventis, Sharpe & Dohme, Takeda, Versatis, Xoma. Il Dott. Ratner non ha dichiarato alcun potenziale conflitto di interessi. Il Prof. Ahrén ha dichiarato relazioni con AstraZeneca, Boehringer Ingelheim, Bristol-Myers Squibb, GSK, Lilly, Merck, Novartis, Novo Nordisk, Sanofi and Takeda.
Fonte: Nauck M et al. Once-daily liraglutide vs lixisenatide as add-on to metformin in type 2 diabetes: a 26-week randomised controlled clinical trial. EASD 2015; abs 75.
Il glucagone nasale in polvere può essere veloce e più facile da usare dell’iniezione in caso di ipoglicemia
CongressoMedico – All’EASD 2015, un gruppo di ricercatori ha riferito che per il trattamento del paziente con grave ipoglicemia, in una situazione simulata tra volontari adulti e operatori sanitari, i dispositivi di somministrazione di glucagone in polvere per via nasale hanno avuto maggior consenso delle iniezioni tradizionali.
L’autore dello studio, Jean-François Yale, MD, della McGill University di Montreal (Canada), che ha presentato i risultati della ricerca, ha detto che i dispositivi erano monouso e progettati per diffondere una polvere secca nel naso in situazioni di emergenza.
Nella simulazione di indagine, 16 operatori sanitari sono stati associati con un paziente diabetico, che ha insegnato ai caregiver come utilizzare glucagone per via iniettiva e polvere di glucagone da somministrare per via nasale. Una settimana dopo, gli operatori sanitari sono stati invitati a trattare un manichino. Quindici dei 16 assistenti hanno somministrato con successo una dose completa con il dispositivo nasale, rispetto a solo 8 dei 16 con somministrazione per via iniettiva. Per contro, un altro gruppo ha testato 15 volontari, che non sono stati associati ad alcun diabetico e non sono stati addestrati, ma ai quali erano stati mostrati i dispositivi prima della simulazione. Solo 3 dei partecipanti al gruppo di volontari ha iniettato correttamente il glucagone e nessuno ha somministrato una dose completa. Mentre ai 14 su 15 volontari hanno somministrato una dose completa con il dispositivo di somministrazione di glucagone in polvere per via nasale.
Joel Zonszein, MD, dell’Albert Einstein College of Medicine di New York (USA), nel commentare lo studio ha detto che nella ricerca, anche dopo la formazione, molti non sono riusciti a iniettare glucagone “ed è quello che vediamo nella pratica clinica quotidiana”. “E la polvere nasale sembra più facile da somministrare. E anche se non abbiamo però dati e risultati sicuri, abbiamo certamente bisogno di dispositivi per meglio trattare l’ipoglicemia, di semplice uso e meno costosi”.
Precedenti ricerche – riportate anche al congresso 2015 della American Diabetes Association – hanno dimostrato che il dispositivo di somministrazione di glucagone in polvere per via nasale era sicuro ed efficace nei bambini e negli adolescenti (si veda qui). E un portavoce della società che commercializza il dispositivo ha ricordato che questi nuovi risultati seguono i dati di uno studio di fase III, svolto all’inizio di quest’anno, che ha mostrato che la somministrazione in polvere è stata efficace nel trattare l’ipoglicemia negli adulti come il glucagone iniettato.
“Sappiamo che l’ipoglicemia è un aspetto molto problematico della cura del diabete, direi anzi molto stressante per i diabetici” ha detto Yale. “E i risultati della nostra ricerca dicono che l’esito delle iniezioni è stato drammatico: solamente nel 50% dei casi si è stati in grado di somministrare glucagone per via iniettiva e solo nel 12% è stata somministrata la dose completa. E due operatori sanitari e un volontario nello studio hanno iniettato insulina perché si sono confusi per la somiglianza col kit del glucagone”.
La simulazione comprendeva effetti sonori e la distrazione nel tentativo di imitare il senso di emergenza che può accompagnare gli episodi di ipoglicemia grave. Il manichino aveva uno zaino e ai partecipanti è stato detto di trovare il kit di soccorso – sia il kit con siringa sia il dispositivo per la somministrazione nasale – e gestire l’emergenza il più rapidamente possibile. Lo zaino conteneva anche un sacchetto con glucometro e strisce, tamponi imbevuti di alcool, pungidito, siringa da insulina e una fiala di insulina.
I due partecipanti che non sono riusciti a somministrare una dose piena di glucagone con il dispositivo nasale non sono riusciti a premere a fondo il pistone. Entrambi, ancora, non sono riusciti a iniettarne una dose completa. Altri errori nella somministrazione di una dose completa sono stati un ago piegato e l’iniezione di solo diluente. Un partecipante si è rifiutato di iniettare e un altro ha iniettato con una siringa vuota.
Conflitto di interessi: il Dott. Yale è consulente di Locemia Solutions e ha dichiarato relazioni con Eli Lilly.
Fonte: Yale J. et al. Needle-free nasal delivery of glucagon is superior to injectable delivery in simulated hypoglycemia rescue. EASD 2015; abs 867
Le bevande zuccherate sono legate a una dieta povera
CongressoMedico – Gli individui che bevono molte bevande zuccherate tendono anche ad avere cattive abitudini alimentari globali, il che rende difficile valutare i soli effetti delle bevanda.
All’EASD 2015 un gruppo di ricercatori ha presentato i risultati di un’indagine che ha analizzato le abitudini alimentari di oltre 25.000 svedesi senza diabete, malattie cardiovascolari o cancro, e hanno scoperto che il gruppo che ha consumato più bevande zuccherate (pari a circa una lattina da 35 dl di soda al giorno) ha anche consumato meno cibi sani (p <0,002).
L’autrice principale dello studio, Louise Brunkwall, MPH, dell’Università di Lund (Svezia), ha detto: “Quello che abbiamo trovato è che si mangia in maniera diversa a seconda di che cosa si consuma come bevanda: ad esempio, succo di frutta o soda”.
I ricercatori hanno suddiviso gli alimenti in 24 categorie: cibi grassi come salsicce e patatine fritte sono stati messi in categorie di cibi non sani, mentre gli alimenti quali frutta, verdura, yogurt, pane ricco di fibre e pesce sono stati classificati come cibi sani.
Coloro che hanno consumato bevande salutari, come tè o succo di frutta, hanno anche consumato cibi più sani. L’elevato consumo di caffè è stato associato con più elevati introiti di carne e di grassi quali la margarina e una minore assunzione di cereali per la colazione (tutti p <0,002).
La coorte studiata era composta da un 60% di donne, con età di 45-74 anni, e l’indice di massa corporea media pari a 25,6. I dati sono stati derivati dallo Swedish Malmö Diet and Cancer Cohort.
La dieta è stata valutata registrando 7 giorni di abitudini alimentari e con un questionario di 168 voci. La regressione lineare è stata aggiustata per età, sesso, stagione, metodo, indice di massa corporea, attività fisica, tempo libero, assunzione totale di energia, fumo, livello di istruzione e assunzione di alcol.
“Altri studi hanno visto cose simili” ha detto Brunkwall. “Ma erano carenti perché non sistematici e per la dimensione della coorte. Noi, invece, abbiamo voluto fare uno studio sulla dieta, consapevoli che prendere in esame tutti i fattori che possono incidere sulla salute è estremamente complesso”.
“Il messaggio di questo studio è che se si guardano solo le bevande zuccherate si rischia di non prendere in esame altre cose” ha precisato ancora. “Anche perché non dobbiamo dimenticare che non si mangia un singolo prodotto o un singolo alimento, ma si mangia in combinazioni e per modelli”.
La ricerca è stata trasversale, per cui i ricercatori non sono stati in grado di trarre conclusioni circa un nesso di causalità.
Conflitto di interessi: la Dott.ssa Brunkwall non ha riportato alcun potenziale conflitto di interessi.
Fonte: Brunkwall L. et al. Overall dietary characteristics of individuals with high consumption of beverages previously associated with risk of type 2 diabetes. EASD 2015; oral pres. 190