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Congresso EASD 2016 – Highlights

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Le relazioni del 15 Settembre

Il CGM riduce l’ipoglicemia nel diabete tipo 1: studio evidenzia riduzione del tempo passato in ipoglicemia inavvertita

Il trial IN CONTROL ha mostrato che il monitoraggio continuo del glucosio (CGM) ha mantenuto i livelli di glicemia più a lungo entro i range e ha ridotto le ipoglicemie gravi nei pazienti con diabete tipo 1 con alterazione della consapevolezza dell’ipoglicemia.

All’EASD 2016, Cornelis van Beers, MD (VU University Medical Center, Amsterdam, Paesi Bassi), e colleghi hanno comunicato che il monitoraggio continuo (real-time monitoring) con dispositivo ha aumentato la percentuale di tempo trascorso in normoglicemia (da 4 a 10 mmol/l o 72-180 mg/dl) al 65,0% rispetto al 55,4% dei soggetti in autocontrollo standard (p <0,0001).

I ricercatori hanno segnalato che il tempo passato in ipoglicemia (≤3,9 mmol/l o 70 mg/dl) è sceso al 6,8% rispetto all’11,4% (p <0,0001), mentre il tempo in iperglicemia è sceso in modo significativo. In contemporanea lo studio è stato pubblicato online su Lancet Diabetes and Endocrinology.

Il numero di eventi ipoglicemici gravi con necessità di assistenza di terze parti è stato inferiore con CGM, con 14 eventi vs. 34 durante l’automonitoraggio (p = 0,033).

“Negli studi precedenti, il CGM non era all’altezza delle aspettative relativamente alla sua capacità di ridurre l’ipoglicemia grave” hanno rilevato i ricercatori. “Tuttavia, ora i nostri risultati supportano il vantaggio del CGM sia con microinfusore che senza nel migliorare il controllo glicemico e nel ridurre le ipoglicemie gravi in soggetti adulti con diabete tipo 1 con ridotta sensibilità all’ipoglicemia che sono ad alto rischio di ipoglicemia grave”.

Nell’editoriale di accompagnamento all’articolo, Joseph El Youssef, MD (Oregon Health and Science University, Portland, OR; USA) ha affermato: “Lo studio IN CONTROL invita all’impiego del CGM considerato che si stima che il 20% degli adulti con diabete tipo 1 abbiano inconsapevolezza dell’ipoglicemia”. E ha sottolineato: “Fino a quando questi dati non sono stati resi disponibili, se l’uso del CGM fosse appropriato (sia con infusione continua di insulina per via sottocutanea o multiple iniezioni di insulina al giorno) nel trattare veramente ipoglicemia non era chiaro”. “Anche se forse non è possibile fornire un verdetto finale, i risultati di van Beers e colleghi rafforzano le prove a favore della ricerca dell’approvazione da parte delle agenzie di regolamentazione per l’uso del CGM nei pazienti che hanno problemi di consapevolezza dell’ ipoglicemia”.

John Buse, MD, PhD (University of North Carolina, Chapel Hill, NC; USA), ha commentato durante la discussione: “Benché lo studio “suggerisca che il CGM aiuti i pazienti a mantenere la loro glicemia nel range di riferimento per più tempo e aiuti a prevenire eventi ipoglicemici, esistono ancora molti spazi di miglioramento”. E ha aggiunto: “L’unica delusione è che non ha migliorato gli eventi più gravi di ipoglicemia con coma o convulsioni o che necessitano di assistenza di terze parti. Dispositivi migliori, una migliore formazione o l’uso a lungo termine in studi futuri speriamo possano risolvere queste carenze”.

Lo studio comprendeva 52 pazienti reclutati in due centri medici nei Paesi Bassi con diabete tipo 1 e scarsa consapevolezza dell’ipoglicemia in trattamento con microinfusore o multiniettiva e che al basale eseguivano almeno 3 controlli glicemici al giorno.

Sono stati randomizzati a CGM con un sistema Paradigm Veo con trasmettitore MiniLink, e sensori per il glucosio Enlite o ad autocontrollo della glicemia per 16 settimane in uno studio in aperto, crossover con 12 settimane di washout prima di passare all’altro metodo. Entrambi i gruppi hanno ottenuto rieducazione sulla gestione del diabete dopo l’arruolamento.

El Youssefha evidenziato che, in questo studio, l’uso del sensore aveva una mediana dell’89,4%, ben maggiore rispetto al 57% dello studio preliminare HypoCOMPaSS, una parte del quale confrontava il CGM con l’autocontrollo convenzionale. Ma nello studio IN CONTROL non c’è stato alcun miglioramento nella consapevolezza ipoglicemia, contrariamente a quanto avvenuto nello studio HypoCOMPaSS.

“Come suggerito da van Beers e colleghi, lo studio HypoCOMPaSS probabilmente ha mostrato miglioramenti nella consapevolezza ipoglicemia soprattutto a causa del notevole intervento educazionale. L’interpretazione è sostenuta dai risultati di una meta-analisi di Yeoh e colleghi in cui hanno strutturato educazione alla riduzione ipoglicemia su periodi più lunghi e ciò ha portato a un significativo miglioramento nella consapevolezza dell’ipoglicemia” ha continuato El Youssef. “Tuttavia, la ragione dell’assenza del miglioramento della consapevolezza dell’ipoglicemia nel periodo di studio di 16 settimane a Van Beers e colleghi non è chiaro. Forse poteva essere necessario un periodo più prolungato nel quale c’era una riduzione più significativa del tempo trascorso in ipoglicemia o un periodo di studio più lungo per valutare il ritorno dei sintomi”. E ha aggiunto: “Inoltre, anche se il tempo in ipoglicemia severa è stato ridotto con il CGM nello studio IN CONTROL, non è stato completamente eliminato, anche una piccola quantità di tempo trascorso in valori di glicemia molto bassi potrebbe limitare il miglioramento dell’ipoglicemia inconsapevole”.

Note
Lo studio è stato finanziato da Eli Lilly e Sanofi. Medtronic ha fornito i device per il CGM.
Van Beers ha dichiarato l’assenza di conflitti di interessi, ma la sua istituzione ha ricevuto grant per la ricerca da AstraZeneca, Boehringer Ingelheim, Novo Nordisk e Sanofi.
El Youssef ha dichiarato l’assenza di conflitti di interessi.

Fonte:
Van Beers CAJ, et al. Continuous glucose monitoring for patients with type 1 diabetes and impaired awareness of hypoglycaemia (IN CONTROL): A randomised, open-label, crossover trial. Lancet Diabetes Endocrinol 2016; DOI: 10.1016/ S2213-8587(16)30193-0.
El Youssef J. IN CONTROL of type 1 diabetes, despite hypoglycaemia unawareness. Lancet Diabetes Endocrinol 2016; DOI: 10.1016/ S2213-8587(16)30261-3.


Un nuovo inibitore SGLT2 migliora il controllo del diabete tipo 2 in associazione a metformina e sitagliptin in combinazione

Uno studio presentato all’EASD 2016 ha dimostrato che i pazienti con diabete tipo 2 non controllato con metformina e sitagliptin, migliorato i livelli glicemici aggiungendo il nuovo SGLT2 ertugliflozin.

Nello specifico, l’HbA1c è migliorata di 0,7 punti percentuali con la dose più bassa di 5 mg e di 0,8 punti percentuali con la dose più alta rispetto al placebo associato a metformina e DPP-4, entrambe i valori sono statisticamente significativi a p <0,001 per l’endpoint primario a 26 settimane.

Brett Lauring, MD, PhD (Merck, Kenilworth, NJ; USA), e colleghi hanno riferito i dati dello studio SITA2 VERTIS, e hanno ribadito che quelle ottenute: “Sono state riduzioni clinicamente significative”.

Gli endpoint secondari hanno mostrato differenze significative rispetto al placebo per quanto segue:

  • Il peso era inferiore di 2,0 e 1,7 kg per i dosaggi di 5 mg e 15 mg rispettivamente
  • Altri partecipanti hanno raggiunto l’obiettivo di HbA1c >7% alla settimana 26 (32,1% con la dose più bassa e 39,9% con la dose più alta rispetto al 17,0% dei controlli)
  • La glicemia a digiuno è stata inferiore di 1,4 e 1,7 mmol/l (25 e 31 mg/dl), rispettivamente
  • La pressione sistolica è diminuita di 2,9 e 3,9 mmHg con le due dosi rispettivamente.

Con tre inibitori SGLT2 già disponibili, nella discussione è stato chiesto perché fosse necessario lo sviluppo di un altro.

“Con più farmaci, c’è più scelta per i pazienti” ha risposto Lauring, che ha aggiunto che le differenze sono emerse tra i farmaci in alcune classi, come i DPP-4, ed è possibile che l’ampio studio richiesto sugli outcome cardiovascolare con ertugliflozin potrà forse far vedere se vi sono anche differenze tra gli SGLT, considerata anche l’efficacia del farmaco. Inoltre, ha aggiunto che una combinazione a dose fissa è attraente per i pazienti, dopo aver notato che “SGLT2 e inibitori DPP-4 hanno differenti meccanismi d’azione complementari, e si prevede un effetto additivo”.

Clifford J. Bailey, PhD (Aston University, Birmingham, UK), ha definito i risultati “coerenti con gli effetti di altri membri della classe”, ma ha ammonito che è “non è possibile fare confronti specifici con gli altri membri della classe in studi con popolazioni diverse e altri aspetti diversi degli studi”.

Lo studio SITA2 VERTIS ha incluso 263 pazienti affetti da diabete tipo 2 con inadeguato controllo glicemico (HbA1c da 7,0 a 10,5%) con metformina dosata a 1500 mg/die o superiore e sitagliptin a 100 mg/die. Essi sono stati randomizzati a aggiunta di ertugliflozin a 5 o 15 mg o placebo per 26 settimane.

Nel complesso, gli eventi avversi non erano più numerosi con il farmaco rispetto al placebo, ma si sono verificati più eventi ritenuti correlati al trattamento con entrambe le dosi (10,9 e 14,4 vs. 8,5%) e più interruzioni solo con la dose più bassa (5 casi, 3,2%, vs. 1 degli altri gruppi, 0,7% ciascuno).

Tra gli eventi di interesse sulla base di quanto già visto con altri inibitori SGLT2, c’era un tasso piuttosto elevato di infezione genitale micotica nelle donne (12,7% con la dose più alta e 8,0% con la dose più bassa rispetto a 1,9% con il placebo, p <0,05) e un andamento simile negli uomini (3,7 e 4,9 vs. 0,0%). Infezioni del tratto urinario si sono verificate nel 4,6% con dose più alta, nel 2,6% con dose più bassa e nel 2,0% con il gruppo placebo.

L’ipoglicemia sintomatica si è verificata in appena lo 0,7% del gruppo con il dosaggio più alto, ma nel 3,8% con la dose più bassa e nel 2,6% con il gruppo placebo.

“Gli inibitori SGLT2 sono noti per provocare una riduzione transitoria in eGFR” ha notato Lauring. “Ed è quello che abbiamo visto. Ci sono state riduzioni su ordine di 2 ml/min, tornato al basale alla settimana 26”.

Ci sono state anche associazioni con aumento del colesterolo LDL, ma nello studio non sono state osservate differenze significative.

Altri due studi pilota della serie VERTIS hanno recentemente riportato risultati positivi: a congresso 2016 dell’American Diabetes Association, il VERTIS Mono con ertugliflozin in monoterapia contro placebo e il VERTIS Factorial, mostrando una maggiore riduzione dell’HbA1ccon la combinazione ertugliflozin-sitagliptin rispetto a ertugliflozin o sitagliptin da soli.

Le aziende produttrici hanno annunciato piani per la richiesta di approvazione da parte della Food and Drug Administration di ertugliflozin da solo e di due combinazioni a dose fissa (ertugliflozin più sitagliptin ed ertugliflozin più metformina) entro la fine di questo anno.

Note
Lo studio è stato finanziato da Merck e Pfizer.
Lauring e colleghi sono dipendenti di Merck o di Pfizer.

Fonte:
Lauring B, et al. Efficacy and safety of ertugliflozin in subjects with type 2 diabetes mellitus inadequately controlled on the dual combination of metformin and sitagliptin: The VERTIS SITA2 trial”. EASD 2016; Abs 181.