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L’alimentazione bio è più sana? Mi ripeta la domanda.

Secondo una analisi indipendente commissionata dalla inglese Food Standards Agency (FSA) alla London School of Hygiene and Tropical Medicine fra alimenti ‘organici’ o prodotti in maniera convenzionale non ci sarebbero differenze particolari sotto il profilo nutrizionale o della salute. Lo studio – si tratta in realtà di una meta analisi vale a dire uno studio […]

Secondo una analisi indipendente commissionata dalla inglese Food Standards Agency (FSA) alla London School of Hygiene and Tropical Medicine fra alimenti ‘organici’ o prodotti in maniera convenzionale non ci sarebbero differenze particolari sotto il profilo nutrizionale o della salute. Lo studio – si tratta in realtà di una meta analisi vale a dire uno studio condotto sulla base delle ricerche esistenti – ha suscitato il prevedibile vespaio alla sua pubblicazione sull’American Journal of Clinical Nutrition.
Altre ricerche dicono esattamente il contrario: per esempio una coordinata dall’agenzia alimentare francese Afssa (omologa dell’ente britannico), quindi altrettanto autorevole. Denis Lairon dell’Università di Aix-Marseille ha rilevato negli alimenti coltivati secondo le regole ‘organiche’ una maggior presenza di elementi e minerali come ferro e magnesio e una maggior concentrazione di polifenoli antiossidanti come fenoli e acido salicilico. Anche la carne ‘bio’ contiene una maggior quantità di grassi polinsaturi di quella tradizionale. L’elemento che contraddistingue la ricerca francese da quella della Fsa inglese è la sicurezza alimentare. Il cibo bio, per esempio, non contiene pesticidi tra il 94 e il 100%, l’ortofrutta bio, invece, spicca per una concentrazione del 50% inferiore al convenzionale di nitrati.
Si potrebbe cogliere l’occasione però per ricordare un aspetto che spesso sfugge della questione. Ogni persona si trova all’incrocio fra un ambiente interno (per esempio il suo metabolismo) e un ambiente esterno (per esempio il clima o l’aria o l’acqua). L’ambiente esterno è complesso e il suo equilibrio dipende da mille aspetti anche economici ad esempio. Poniamo anche che l’ente inglese abbia ragione: poniamo che la frutta coltivata in condizioni di semischiavitù, ottenuta privilegiando una specie a danno di mille altre su superfici estese che prima erano parte di un habitat complesso e trasportata per migliaia di chilometri in nave e camion, una volta mangiata abbia lo stesso effetto sull”ambiente interno’ di un frutto coltivato da una famiglia di agricoltori su un terreno vocato e vicino con rispetto delle regole sociali ed ecologiche. I due prodotti hanno però lo stesso effetto sull’ambiente esterno? Insomma poniamo anche che l’ecologico non sia più sano dell’industriale, sicuramente non è altrettanto ‘buono’ e non è altrettanto ‘giusto’.