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Obesità e giustizia

Il tema obesità è ricco di implicazioni etiche. Si tende a dare all’obeso la ‘colpa’ della sua malattia, così come il consumatore è ritenuto ‘libero’ di scegliere alimenti insalubri anche quando per farlo deve lottare contro mille abili condizionamenti. La lotta all’obesità muove i primi incerti passi ma la discriminazione nei confronti della persona obesa è sempre più marcata. Ne parliamo con Riccardo Fornengo

“Apertis verbis, A chiare lettere: La Legalità” era il titolo, un po’ sorprendente, del Convegno Regionale Congiunto organizzato dalla Sezione regionale Piemonte di AMD (Associazione Medici Diabetologi), da Slow Food e da OSDI (Operatosi Sanitari di Diabetologia Italiani) nel giugno 2016 presso la sede dell’Università di Scienza Gastronomiche di Pollenzo (Bra – CN).

Cosa c’entra il diabete con la legalità? I due concetti sembrano molto lontani «e invece trovano sovrapposizioni ampie, soprattutto se dal diabete allarghiamo lo sguardo alla obesità», nota Riccardo Fornengo, diabetologo presso la ASL TO4, «un tema che coinvolge tematiche se non giuridiche in senso stretto, certo etiche e politiche». Tanto più se consideriamo la parola legalità nel suo significato etimologico: ciò che è conforme alla legge, ma anche legittimità. Dunque ciò che è chiaro, trasparente.

‘Colpa’ dell’obeso? Assegnare al paziente la colpa della sua malattia è un riflesso tanto ingiusto quanto antico (fu la prima reazione all’epidemia di Aids, ricordate? E prima ancora alla lebbra, alla tubercolosi, etc). L’obesità è la più visibile fra le malattie. Letteralmente si scorge la malattia prima ancora di distinguere i tratti del paziente. E la malattia viene attribuita univocamente ad un comportamento: il consumo eccessivo di cibo.
Non c’è bisogno di scomodare studi scientifici per affermare che non c’è una correlazione unica fra la quantità di cibo assunta e lo sviluppo di obesità. Tutti conosciamo persone che pur mangiando molto non ingrassano eccessivamente. «Sbagliamo quindi tutti a colpevolizzare la persona obesa. Dire ‘sei grasso perché scegli di mangiare tanto’ è eticamente scorretto e scientificamente sbagliato: il bilancio energetico di una persona è al centro di tantissimi fattori in buona parte sconosciuti le cui interazioni sono complicatissime», spiega Fornengo che fa parte della redazione di DiabeteNoGrazie. «quando attribuiamo solamente all’obeso la colpa della sua malattia come società, come sistema sanitario o come medici stiamo semplicemente trovando un modo comodo per scaricare le responsabilità sul paziente stesso».

Chi è grasso paga. Questa deresponsabilizzazione della società è ben esemplificata dal fatto che l’obesità, pur essendo considerata una malattia, non ha un codice di esenzione ticket, la persona deve quindi partecipare ai costi delle cure necessarie per prevenire e gestire l’obesità. E non sono cure da poco visto che l’approccio corretto all’obesità richiede un team multidisciplinare simile a quello previsto per il diabete ma ancora più allargato. «Non è etico dire: questa è una malattia sociale però le cure te le paghi tu», nota Fornengo che proprio su questo tema ha tenuto una relazione nel corso dell’incontro, «ed è anche poco accorto perché gestire l’obesità permetterebbe di ridurre i costi enormi, si parla del 2% del pil, provocati dalle sue conseguenze».

Soli contro gli spacciatori di stimoli. E quali responsabilità ha la società? «Per esempio deve accettare le conseguenze di una approccio che consente alle aziende alimentari di usare ogni ‘trucco’ per convincere le persone ad alimentarsi più del necessario e a preferire sostanze con enormi quantità di grassi, sali e zuccheri aggiunti: è noto che il consumo di queste sostanze attiva i centri del piacere in un modo simile a quel che avviene per le droghe leggere. È molto facile quindi cadere nelle tentazioni soprattutto quando una persona normale si trova ‘contro’ le più abili suggestioni escogitate da esperti di comunicazione e psicologia, veri ‘spacciatori’ di stimoli sensoriali accuratamente dosati e resi ubiqui dalle mille forme di pubblicità»,
Riccardo Fornengo nota come in questi ultimi anni sia aumentata l’esposizione delle persone a immagini di cibo, «siamo davanti a una sovra esposizione che ricorda quel che avveniva per le immagini erotiche negli anni ottanta e novanta. Per illustrare questo argomento il diabetologo di Chivasso ha citato un video disponibile su Youtube: ’50 sfumature di pollo’ nel quale la analogia fra un certo modo di presentare la preparazione dei cibi e l’erotismo di maniera del noto film.

Il buono, il brutto l’obeso. C’è poco da ridere invece sul fatto che l’obesità sia associata sempre di più a personaggi negativi. Non per caso la relazione di Fornengo era intitolata “Il buono il brutto e l’obeso”, un richiamo allo spaghetti western Il buono, il brutto e il cattivo. In questa era di ‘politically correct’ in cui si è giustamente attenti ai messaggi inviati indirettamente dai mass media (il caso della campagna contro i nemici della fertilità insegna), secondo Riccardo Fornengo forse bisognerebbe perlomeno rendersi conto di come oggi l’obesità dipinga sempre di più persone ‘cattive’ o semplicemente stupide, mentre la magrezza connota i buoni e gli intelligenti. «Dobbiamo stare attenti perché il rapporto tra salute e diritti nel caso dell’obesità è molto critico. Il rischio di creare nuove forme di ‘razzismo’ esiste: Una cosa è dire “se tu dimagrissi staresti meglio”, una ben diversa è far pensare che i magri sono persone migliori. La magrezza rischia di diventare il segno di una superiorità morale come è già (statistiche alla mano) segno di una superiorità socio-economica. Più in generale esiste il rischio che la lotta all’obesità diventi lotta all’obeso», ammonisce Riccardo Fornengo.

Tassare lo zucchero lascia l’amaro in bocca. La parte più discussa della relazione tenuta dal diabetologo di Chivasso è stata quella dedicata alla possibilità di tassare le sostanze alimentari: gli zuccheri aggiunti soprattutto, come si è fatto per il tabacco. “So che questa proposta trova un ampio consenso nella comunità dei diabetologi italiani e stranieri così come fra gli amici della redazione di DiabeteNoGrazie e probabilmente fra i suoi lettori, ma lo stesso mi chiedo: posto che si riesca a effettuare una imposizione senza scappatoie (e non è detto che questo sia possibile) l’imposta non sarebbe presto trasferita sui prezzi e quindi sul consumatore?. La persona obesa non è affatto detto che perda peso, mentre sarà sicuramente più povera”, ragiona Fornengo, “invece di colpire la malattia colpiremmo il malato”.
È un fatto che l’industria riesce a portare sul mercato e a servire pasti insalubri a prezzi molto bassi. Con 30 euro si porta tutta la famiglia fuori in un fast food mentre per andare tutti a cena in un ristorante di buona cucina, occorrerebbe almeno il doppio se non il triplo.
«Mi chiedo anche se non sia pericoloso uno Stato ‘etico’ o uno Stato ‘terapeutico’ che usa i suoi poteri in modo improprio. Oggi tassiamo lo zucchero, e domani? Oggi siamo tutti d’accordo a chiedere all’obeso di pagare più tasse. Domani gli chiederemo anche di pagare più contributi sanitari? Già negli Stati Uniti questo succede. Lo discrimineremo nelle assunzioni? Anche questo si dice che accada in alcune aziende private di oltreoceano. Ci chiederemo se è il caso di lasciargli adottare dei figli? Di guidare? Di essere figura di riferimento: pediatra o insegnante o allenatore sportivo “per non dare il cattivo esempio”? Ricordiamo che la ‘stella gialla’ o la ‘lettera scarlatta’ l’obeso la porta già addosso e non può nasconderla. Insomma con uno Stato etico si sa dove si comincia, ma non si sa dove si finisce», ha concluso Fornengo, «sarebbe assurdo contrastare una perdita di controllo nelle scelte alimentari con una perdita di controllo e di moderazione nelle scelte politiche».